Continuare a sperare nella bellezza, nella cura, nel decoro della propria città è un diritto, ma assicurarla dopo averla promessa alla città era tra i primi doveri da rispettare. Eppure questa promessa è stata inattuata e quello che non si comprende è perché non si riesca, dopo tanti anni, a sopperire all'assenza di manutenzione e alla mancanza di decoro urbano per evitare che Latina mostri quello che fino ad oggi è stato il suo stato costante, ossia una dequalificazione radicata e progressiva, una sciatteria diffusa, un'assenza di cura preoccupante. E quando ad avere il coraggio di parlarne è chi la città non la vive, ma la rivede saltuariamente, stupendosi del suo stato quasi rassegnato con un occhio esterno e disinteressato, queste parole fanno pensare ancora di più spingendo ad una riflessione profonda. Italo Tempera è un virologo molecolare che lavora al Wistar Institute di Philadelfia. Particolarmente legato alla sua città ha scritto un post qualche giorno fa, prima di tornare negli Stati Uniti, che ha riscosso molti commenti positivi alimentando un dibattito sullo stato della città.

Ecco il suo intervento, venato di amarezza, ma che vuole essere uno stimolo e uno spunto di riflessione per sollecitare un impegno diverso degli amministratori in futuro.
«Finisce un bravissimo soggiorno a Latina, la mia città - scrive - come sempre è bello ed emozionante rivedere le persone care; tuttavia, è davvero triste vedere lo stato di trascuratezza in cui Latina versa. Prendo il mio quartiere come esempio del progressivo e, spero nom inesorabile, declino della mia città. La mia strada non è mai stata così sporca e sciatta come l'ho trovata al mio rientro una settimana fa. Uno sporco non imputabile solo alla cattiva educazione ma anche all'incuria di chi la dovrebbe pulire. Erbacce alte e secche delineano decorandoli i bordi di marciapiedi, soglie di palazzi, crepe e buche stradali. Cumuli di cartacce, cicche di sigarette, e altro pattume vario stanno lì a ricordare i giorni passati di incuria. Per 30 anni ho vissuto in questa via, per altri 15 anni vi sono tornato anno dopo anno, e mai ho visto la mia via in uno stato di abbandono e di sporcizia tale come quella di questi giorni. Una sciatteria che solo in minima parte può essere imputabile alla cattiva educazione. Una sciatteria che e' generale. Una sciatteria che si accresce anno dopo anno». Tempera prosegue scrivendo: «Sono partito per gli States nel 2006, lasciando un quartiere vivo, con negozi aperti e strade per lo meno accettabili. Ma anno dopo anno, tornandoci, ho assistito a un declino, ad una progressiva sciatteria. Negozi chiusi, strade sporche, i giardini di via Cairoli trasformati in spazio degno di una periferia disagiata di una grande città industriale italiana. Il mercato coperto chiuso da anni, simbolo dell'immobilismo e dell'incapacità di immaginare e pensare un futuro per ciò che si chiude. Ho visto una inutile pista ciclabile snodarsi inutilizzata per una città pigra e tempestata di SUV quasi come i sobborghi delle città dall'altro lato dell'Atlantico. I giardinetti a cui è stato in pompa cambiato il nome ma che sono rimasti fetidi e senza giostre degne di questo nome per i bambini, o senza una spazio attrezzato per i cani.

Ho visto un lungomare con quattro palme con le foglie già secche che forse fra 20 anni diventeranno come quelle postate dai sogni social dell'assessore che le ha proposte. Vedo una città che forse pochissime volte ha pensato in grande scivolare verso la più mesta delle mediocrità. Ci si doveva abituare al bello, e invece ci si sta accontentando del meno peggio e alle volte manco di quello. Leggo roboanti comunicati in cui si cambiano i paradigmi di questo e quello (cambiare paradigmi deve essere un'espressione cara perché ricorre spesso) mentre intanto questa nostra città non ha una biblioteca aperta, un teatro funzionante, un mercato annonario stabile, uno spazio per i giovani. Forse magari invece di cambiare paradigmi sarebbe il caso di raccogliere immondizie, di correggere gli errori di ABC, idea bella sulla carta ma che considerato il livello di sporcizia non funziona». «Forse sarebbe il caso - conclude lo scienziato pontino - di non pensare a libri e secondi tempi ma di fare quel minimo che la città chiede. Di farlo e farlo subito e presto perché di tempo (primo o secondo o supplementare, fate vobis) non ne rimane molto. Perché fa male vedere una città ridotta così».