Chiude l'ultimo negozio di calzature di Sezze centro. Lo storico negozio aperto 52 anni fa da Lidia Luccone abbasserà le serrande nei prossimi giorni. Esaurita l'ultima merce, il bel negozio di via Piagge Marine sarà solo un ricordo, come lo fu il primo, quello aperto nella centralissima via Gioberti. Altri tempi altra memoria. "Non eravamo in molti al tempo – ricorda Lilia – ma lavorano tutti: c'era Tamurrini, Papaverone, noi avevamo le scarpe più buone, e le pagavamo tanto, erano le Vignano, le Sanson, oggi i marchi più confortevoli non fanno più breccia nemmeno tra le donne più anziane, che un tempo ci tenevano ad indossare una scarpa comoda. Nulla, oggi si va al mercato, nei centri commerciali a caccia dell'affare degli sconti speciali o si attende il fine stagione". Com'è cambiato questo settore? "Non è mai cambiato, perché gli ordini vanno fatti con sei mesi d'anticipo e devi essere certo di cosa acquisiti se vuoi stare sulla piazza. Noi vendevamo scarpe che costavano all'epoca 8mila lire, altri da 2/3 mila lire. Quindi un nostro ordine stagionale poteva costare 800mila lire un milione, a seconda delle stagioni. E agli inizi abbiamo preso pure qualche fregatura, eravamo inesperti". Truffatori? "Sì, rappresentanti di marchi del Nord Italia che lavoravano qui, e in provincia di Frosinone, uno in particolare di Ferentino, si fece consegnare l'invenduto assicurandoci che sul nuovo ordine ci sarebbe stato detratto l'importo, invece la ditta del Nord non sapeva nulla, aveva imbrogliato molti di noi, ma ci fu poco da fare." La crisi, quando avete iniziato a sentirla? "Fino al 2000 si lavorava bene, ma dopo il 2012 c'è stato il tracollo. Noi abbiamo sempre lavorato soprattutto con i bambini con scarpe come Brunate, poi Melluso, Enval, ma prima veniva qualche turista, i tedeschi soprattutto, compravano tre quattro tipi di scarpe, tornavano i parenti di famiglie migrate in Australia, o in America e spendevano soldi nelle nostre scarpe che rappresentavano il top della qualità italiana. Oggi non c'è più questa ricerca. Ci si accontenta anche di una scarpa scomoda. L'Italia è più povera e ciò che fa più rabbia è che sono gli italiani ad aver perso questo gusto. Perché non possono permetterselo, perché pagano troppe tasse. Perché ormai si vanno convincendo che una cosa vale l'altra? Ancora questo non l'abbiamo capito." Lidia 73 anni e suo marito Lucio Trombini che oggi ha 81 anni, si sono sacrificati: "Questo negozio ci ha permesso di far studiare tre figli mandarli all'università acquistare ciò che desideravamo, ma adesso le cose stanno cambiando. Ed ho deciso di chiudere perché sono stanca e voglio andare in pensione".
Nessuno a raccogliere il testimone? "E' un lavoro troppo sacrificato, e non dà più soddisfazioni. Anche a Latina, hanno chiuso tutti i negozi storici. No, nessuno dei miei figli ha deciso di prendere questa strada." Lidia chiude, una luce in meno, e un po' di bellezza in meno, nella vecchia Sezze, senza nemmeno un negozio di scarpe di vicinato e il piacere di conversare e provare e riprovare i pezzi forti presi dalla vetrina.