Si chiama ‘Non tutti sanno, la voce dei detenuti di Rebibbia' l'incontro, a cura di suor Emma Zordan, organizzato giovedì 16 marzo dalle 10 alle 11.30 all'istituto professionale Einaudi Mattei di Latina guidato dal dirigente scolastico Costantino Forcina. Un istituto da sempre sensibile alle tematiche sociali e culturali che apre le porte ad un incontro emotivamente forte nell'ambito del progetto presentato dalla professoressa Rina Valentini dal nome "Memoria carceraria e ripensamento della pena per la dignità della persona". I ragazzi delle classi quarte e quinte incontreranno suor Emma Zordan, curatrice del libro "Non tutti sanno che - la voce dei detenuti di Rebibbia" con la testimonianza di un ex detenuto e la prefazione del cardinale Giuseppe Petrocchi, oggi arcivescovo all'Aquila ma vescovo della diocesi di Latina per 15 anni.
Modererà il convegno Roberto Monteforte, giornalista ex vaticanista oltre che vicepresidente di Stampa Romana e consigliere nazionale della Fnsi, che opera da volontario all'interno del carcere e manda in stampa il giornale dei detenuti. «Non tutti sanno che» è il giornale scritto dai detenuti di Rebibbia che racconta il mondo penitenziario e il mondo strettamente collegato che è fuori dalle sbarre in un rapporto complesso e sofferto sempre in bilico tra dolore e speranza con il desiderio di ritrovare un'esistenza normale oltre il carcere. Al centro dell'incontro la voce dei detenuti, la scoperta di quanta umanità ci sia dietro le sbarre e di cosa sia davvero la pena del "ristretto", il percorso di pentimento e il desiderio di riscatto, il diritto al futuro e alla dignità negato dal pregiudizio e dall'indifferenza. «Fare un giornale in carcere è abbastanza complicato – ha raccontato Monteforte al Sole24ore in una recente intervista– perché non ci sono mail, non si possono fare telefonate e le regole sono stringenti. Si affronta una sfida importante perché si cerca di dare una nuova opportunità a chi sta all'interno e si cerca anche di creare un ponte con la società che sta fuori». Suor Emma, la religiosa che una volta alla settimana cura un corso di scrittura creativa all'interno del carcere ha dunque aperto la strada a questa iniziativa che vuole essere un momento di stimolo e riflessione per gli studenti. Perché capiscano che «che chi è in carcere può cambiare e provare dolore per le vittime del reato che ha commesso; che la solitudine è il sentimento costante che gli ospiti provano, che l'indifferenza della società nei confronti di chi è detenuto può uccidere più di ogni altra cosa; che in carcere ci sono anche persone innocenti e che potrebbero avere dei benefici che puntualmente non ottengono».