Il fatto
19.07.2025 - 20:30
Con un nuovo ricorso alla Suprema Corte di Cassazione la Procura si è opposta alla decisione con la quale il collegio penale del Tribunale di Latina, in sede di Riesame delle misure cautelari reali, aveva annullato il provvedimento di sequestro finalizzato alla confisca del centro commerciale abusivo all’angolo tra via del Lido e la strada statale Pontina, nel quartiere Q3, adottato dal giudice per le indagini preliminari Mara Mattioli all’inizio dello scorso aprile. Proprio questa settimana il pubblico ministero Giuseppe Miliano, titolare dell’inchiesta destinata ad approdare in aula per il processo a carico di quattro imputati, ha depositato il ricorso con il quale invoca l’annullamento dell’ordinanza del Tribunale del Riesame del 10 giugno.
La vicenda è piuttosto complessa, tenendo conto che la Cassazione deve ancora pronunciarsi sulla legittimità del precedente sequestro, quello applicato nel gennaio del 2024, annullato dal Riesame il 27 marzo successivo, con la decisione poi revocata dalla stessa Suprema Corte che aveva accolto un primo ricorso del pubblico ministero il 12 settembre, e poi annullato nuovamente dal Riesame il 28 gennaio con un’ordinanza finita, appunto, di nuovo al vaglio della Cassazione. Nel frattempo però il sostituto procuratore Giuseppe Miliano aveva chiesto un nuovo sequestro, configurando il reato di lottizzazione abusiva - che in caso di condanna prevede appunto la confisca - oltre al mancato rispetto della distanza dalla Pontina e la violazione delle norme paesaggistiche per l’abbattimento di un bosco senza il nulla osta degli enti preposti. L’ultimo ricorso di questi giorni è stato proposto perché la Procura ritiene che i giudici del Riesame, annullando il secondo sequestro, abbiano ravvisato in maniera erronea la sussistenza del principio del “bis in idem” con il quale la legge prevede che non debba essere perseguito lo stesso fatto per il quale sia già stato espresso un giudizio.
In sostanza il pubblico ministero ritiene che il secondo sequestro non sia una mera ripetizione del primo, perché inizialmente venivano contestati una serie di illeciti comuni in materia edilizia, mentre nella seconda fase dell’inchiesta è stata configurata la lottizzazione abusiva, ossia lo stravolgimento del territorio con la trasformazione urbanistica, contestata a Luigi Corica, amministratore della società Latina Green Building proprietaria dell’area che ha realizzato il complesso immobiliare, a Viviana Agnani progettista e direttore dei lavori, ma anche a Stefano Gargano e Mario Petroccione, rispettivamente ex dirigente comunale del Suap che aveva rilasciato i permessi di costruire e l’allora funzionario responsabile del procedimento.
Con un articolato ricorso, prima di tutto il pm Miliano ha evidenziato come, al momento del primo sequestro, il cantiere non era ancora concluso, mentre successivamente il dissequestro ha di fatto permesso l’apertura degli esercizi del centro commerciale con nuovi atti del Comune di Latina ritenuti illegittimi, configurando così la prosecuzione della condotta illecita. Anche tenendo conto che la giurisprudenza si è già espressa in passato sull’applicazione del principio del “bis in idem” per reati urbanistici nella fase cautelare dei procedimenti penali, ritenendo che il giudice non può procedere contro la stessa persona per lo stesso fatto su cui si è formato il giudicato, ma non gli può essere impedito di prendere in esame lo stesso fatto storico e di valutarlo in riferimento a un diverso reato in concorso formale con quello già ipotizzato. Oltretutto il “bis in idem” «viene violato solo ove vi sia sovrapposizione tra i segmenti della condotta presa in considerazione e non allorché, come nel caso in esame, la contestazione, non soltanto si riferisca ad un periodo ulteriore rispetto al primo, ma (ciò che più conta) sia connotata da fatti nuovi non integranti elementi costitutivi della precedente imputazione». A questo si aggiunge che il reato di lottizzazione, a differenza dei comuni illeciti edilizi, non solo comporta la violazione dell’ordinata pianificazione urbanistica e del corretto uso del territorio, ma anche l’effettivo controllo da parte dell’ente che detiene la funzione di pianificazione, salvaguardati col sequestro.
In questo caso la violazione della norma è macroscopica, come ravvisato in precedenza dalla Cassazione che aveva annullato la prima decisione del Riesame per il primo sequestro. Non solo il rilascio di tre permessi di costruire per altrettante medie strutture di vendita è stato un sotterfugio per aggirare la classificazione dell’immobile come centro commerciale, quindi risparmiare sui tempi di approvazione, sugli oneri e sui servizi annessi, ma l’area sulla quale è sorto il complesso, una volta eliminato il vincolo alberghiero, è comunque destinata a strutture turistico ricettive, quindi l’uso prevalente non solo non doveva essere quello commerciale, ma non doveva superare il 30% del totale della volumetria e comunque doveva essere subordinato all’attività principale, quella turistico ricettiva. Senza dimenticare il mancato rispetto della fascia di inedificabilità a ridosso della Pontina e la mancata autorizzazione di tre accessi carrabili previsti dal progetto.
Edizione digitale
I più recenti
Ultime dalla sezione