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Poker e strategie dei media per analizzare il processo decisionale negli affari pubblici

Poker e strategie dei media per analizzare il processo decisionale negli affari pubblici

A quanto pare, non si smette di parlare di strategie decisionali quando si tratta di affari pubblici – almeno nel 2024 la questione è ovunque. La scena politica attuale è, come dire, parecchio ingarbugliata; non basta più un occhio attento per decifrare le mosse tra attori statali, società civile e media.

C’è chi vede il poker come una specie di guida metaforica — o, perlomeno, uno specchio preoccupantemente preciso. Pare che il 75% delle decisioni chiave dentro contesti pubblici sia pieno di incertezza e di quella competizione non dichiarata che ha reso celebri i tavoli di Texas Hold’em. E poi, se ci pensate, l’informazione vaga, monca, il ruolo sempre più massiccio dei media sono elementi che hanno cambiato completamente il terreno della governance politica. Non è un caso che gli analisti inseguano – forse anche con troppa foga – i parallelismi tra le carte sul feltro verde e le trattative nelle stanze del potere.

Teoria dei giochi e processi pubblici

Guardando da vicino, la teoria dei giochi applicata alle scelte pubbliche non è un esercizio teorico distante dalla realtà: è piuttosto una sorta di rete, dove le mosse di uno influenzano e sono influenzate da quelle degli altri, spesso con obiettivi non proprio allineati. Nash, aste silenziose, logiche a somma zero – ci sono nomi famosi, meccanismi tutt’altro che rari durante spartizioni delle risorse o trattative sulle alleanze. Circa il 62% delle amministrazioni italiane ammette senza troppi giri di parole di prendere in prestito strategie dai giochi per sedersi a negoziare con oppositori e stakeholder.

Tornando al poker online, il parallelo diventa immediato: tavoli virtuali dove chiunque può entrare con pochi clic, regole non scritte che si riconoscono bene – dosare la fiducia, anticipare mosse, gestire l’incertezza con scenari alternativi. Non c’è mai informazione completa e chi decide lo sa: si prepara come può, adattandosi al volo. L’affinità con le dinamiche dei giochi cresce, ogni anno più marcata; e difatti sempre più corsi di laurea inseriscono la teoria dei giochi tra le materie obbligatorie, magari nei master di scienze politiche. Sarà una moda, oppure semplicemente il segno dei tempi.

Dall’esperienza del poker online agli affari pubblici

Le dinamiche del poker online sono ormai riferimento anche nelle analisi sui processi decisionali collettivi. Non è solo per moda o pigrizia intellettuale, sembra, se FastCapital riporta che il 48% delle simulazioni decisionali degli enti pubblici attinge a logiche da poker – bluff compresi, ma anche alleanze temporanee e gestione di ciò che nessuno può realmente sapere. Il “bluff” nelle istituzioni – annunci a effetto, promesse che sembrano grandi aperture e poi sfumano nel nulla – è ormai un giro classico a molti tavoli, particolarmente rilevante nelle fasi in cui nessuno conosce tutte le variabili in gioco… proprio come succede tra carte coperte nei consigli comunali o nelle task force parlamentari.

E a dirla tutta, la scuola del poker online forse ha insegnato ai responsabili delle politiche l’arte di cogliere segnali deboli con una certa rapidità, o magari solo come allenare i nervi per resistere alla pressione crescente. Think tank rinomati (si parla molto di LUISS Policy Watch, per esempio) vanno studiando la mole di esperienze generate nei saloni virtuali: rilanci, bluff, qualche rincorsa disperata. Non è chiaro dove finisce la pianificazione e dove inizia solo una buona dose di bluff – la linea resta sfuocata, e forse oggi è proprio qui il cuore del problema.

L’influenza dei media nelle strategie decisionali

Quando i media entrano in gioco, improvvisamente sembra non si tratti più solo di decisioni politiche, ma di gare narrative, storie che si riallineano a seconda di chi prende la parola. Non sempre la sequenza dei fatti è ciò che conta di più; talvolta è il racconto, anzi il modo in cui un certo frame viene gonfiato, ridotto, capovolto. Secondo LUISS (2022), sembra che l’85% delle decisioni più delicate finisca in una macchina di risonanza che può aiutarne l’accettazione o, al contrario, gonfiare i rischi percepiti. Sono gli opinion leader (forse troppo spesso considerati “giocatori di lungo corso”) a scegliere tempi e modi per rilanciare la storia o lasciarle perdere forza sotto traccia.

Un framing azzeccato può valere quanto una mano fortunata: basta poco perché una dichiarazione sia un vero all-in, con il rischio di smuovere voti e cambi di rotta. Senza contare che la strategie decisionali pubbliche, a detta di molti osservatori, ricorda proprio gli slow roll: quelle rivelazioni posticipate che allungano l’effetto e ne rimodellano l’impatto. Tutto si trasforma in una gara a chi sa gestire meglio la reputazione, la precisione, il bluff – e, forse, un po’ di intuizione.

Governance diffusa e reciprocità nelle scelte pubbliche

Col passare del tempo si nota che la governance diventa sempre meno verticale, più simile a una sfida collettiva che rispetta regole mobili. Secondo alcuni dati di FasterCapital (2023), il 67% delle scelte più complicate passa per almeno tre livelli di decisori – governi, enti locali, portatori di interesse. E qui accadono cose spesso imprevedibili: collaborazioni rapide, promesse dichiarate, piccoli compromessi che durano solo quanto serve, una sorta di partita a fasi alterne.

Gruppi di pressione, coalizioni che nascono all’improvviso e finiscono quando non servono più – ci si muove tra interessi in conflitto, proprio come accade tra giocatori che fanno squadra solo per un attimo durante la finale di un torneo importante. Quando un imbroglio viene scoperto, la reazione non si fa attendere: dichiarazioni pubbliche, voti di fiducia, mozioni – sono le risposte rapide a un bluff svelato, in perfetto stile poker. Alla fine, la governance diffusa sembra ingrata da analizzare: rapporti che cambiano di continuo e, sullo sfondo, la sensazione che nessuno abbia davvero il pieno controllo degli esiti. Si può solo tentare di stare al tavolo il più a lungo possibile.

Conclusione su responsabilità e strategia nel gioco e negli affari pubblici

C’è davvero qualcosa, anzi più di qualcosa, nelle somiglianze tra le logiche del poker e quelle su cui si reggono i processi decisionali pubblici – anche se, va detto, non è sufficiente fermarsi al piano strategico senza guardare alle sue implicazioni. Qualche volta si dimentica che ogni scelta, nel gioco o nella politica, ha un impatto reale e tocca intere comunità.

Forse il punto cruciale resta nel riconoscere fino a che punto ci manchino delle informazioni, nell’accettare che trasparenza e consapevolezza non sono mai abbastanza, né nel poker né nella gestione della cosa pubblica. E sebbene la strategia – dentro o fuori dal digitale – abbia il suo peso, in fin dei conti tutto si appoggia su regole condivise, una ricerca non sempre facile di equilibrio, e un certo rispetto, almeno in teoria, per l’interesse di tutti. Ma qui, forse, la partita non si chiude mai per davvero.

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