La Regione offre, i Comuni ignorano. Non tutti, ma molti sì, scavalcano a pié pari gli avvisi pubblici per la valorizzazione e il finanziamento dei gioielli di famiglia, o si perdono nella burocrazia. È accaduto con l'avviso pubblico dell'ottobre scorso col quale la Pisana ha previsto l'istituzione di una rete regionale delle dimore, le ville, i complessi architettonici, i parchi e i giardini di valore storico e culturale. Con l'obiettivo, nemmeno a dirlo, di «promuovere e sostenere interventi di valorizzazione, fruizione e conoscenza, informazione e formazione» sui beni dichiarati di interesse storico e culturale. Insomma, finanziamenti e politiche promozionali. Su 138 domande relative a 159 beni, 96 sono state quelle accolte, 63 quelle invece inammissibili. E se Fondi l'ha spuntata con il Castello delle Querce, è l'unico del comprensorio. Il Comune di Monte San Biagio, che pure ci ha provato, se ne è visti respingere sei, mentre Terracina, Sperlonga, Itri e Lenola sono le grandi assenti. Ma vediamo.
Per il Comune monticellano, le domande sono state presentate per le chiese San Giovanni Battista, Madonna della Mercede, Madonna della Ripa, il Mausoleo di Galba, la torre Portella e la torre triangolare. Ma la Regione non ha ammesso nulla. Per le chiese, infatti, alle domande mancavano le dichiarazioni di bene di interesse culturale previste dal codice. Nessuno, insomma, si è preoccupato di chiedere la verifica al Mibact. Per le torri, invece, a fare la richiesta è stato un soggetto non ammissibile.
Ma almeno a Monte San Biagio ci hanno provato. Non così a Terracina, che ha invece bellamente scavalcato l'opportunità offerta al suo enorme patrimonio. A partire proprio, prendendoli a caso, dai giardini e i parchi archeologici (Posterula, Chezzi, Montuno, Rimembranza, la Fossata), i palazzi (uno per tutti, palazzo Braschi) e chissà cos'altro. Terracina avrebbe potuto anche evitare lo sforzo di ottenere la dichiarazione di interesse storico, se è vero che nel solo centro storico alto, sussistono già ben cinquanta vincoli per decreto ministeriale. Ma niente. E a niente è servito l'avere già il riconoscimento di Città d'arte. A Terracina manca un elenco esaustivo dei beni culturali sottoposti a vincolo. E d'altra parte è all'evidenza di ognuno che anche i parchi archeologici vengono trattati, quando va bene, come semplice verde pubblico urbano. Forse anche peggio.
Una miopia politica e amministrativa che costa soldi. Per ogni occasione mancata, si perdono finanziamenti, accessibili proprio grazie a requisiti come questi, che vanificano il pianto dei politici per la scarsità dei fondi comunali. Manca, invece, la politica e la programmazione. Un buon esempio c'è ed è il Comune di Formia, che si è visto ammettere alla rete regionale ben dieci tra complessi architettonici e paesaggistici. Storia simile lo scorso anno, con i fondi per la promozione culturale dei Cammini della spiritualità. Tutti assenti. Tranne Formia.