Sei dipendenti "di troppo" nel Comune di Sperlonga, che ora saranno messi in disponibilità. E questo per non aver accettato l'assunzione presso la ditta appaltatrice del servizio di raccolta rifiuti. Una decisione che ha fatto insorgere la minoranza, che parla di «ennesimo scandalo» per il paese.
Della questione dei sei lavoratori (quattro full time e due part time) se ne parla da anni. Il capitolato d'appalto stipulato con la Servizi Industriali srl - la ditta appaltatrice - prevede espressamente a carico della società «l'obbligo d'assunzione di sei unità lavorative» con l'obbligo di conservare l'inquadramento e osservare le norme di contribuzione previdenziale e assistenziale. Alla luce di ciò vengono avviati gli incontri con i sindacati e ad aprile 2015 la giunta dà mandato al segretario di attuare quanto prevede il capitolato.
Una procedura che non porta a nulla. Il 7 maggio viene chiesto alla Servizi Industriali di convocare le cinque unità - vengono conteggiate in questo modo perché ci sono due part time - per la stipula del contratto. «La convocazione dei dipendenti per l'assunzione - comunicherà la ditta allegando anche una nota del legale dei lavoratori, l'avvocato Tiziana Agostini - non ha sortito esito alcuno».
Nulla da fare: si passa alla procedura di mobilità. In Comune, visto che la procedura non ha avuto buon esito, sussiste «l'eccedenza di personale in relazione alle esigenze funzionali dell'ente». E non c'è modo - precisa la delibera di giunta 107 del 19 dicembre 2016 - di reimpiegare i dipendenti in questione per la carenza di posti coperti finanziariamente. Stop dunque alle obbligazioni relative al rapporto di lavoro, con i dipendenti che avranno diritto a un'indennità dell'80 per cento dello stipendio.
Una scelta che non ha lasciato indifferente la minoranza. «Con tutti i problemi che ha la maggioranza – dichiarano in una nota i consiglieri di Sperlonga Cambia – mandare a casa 6 lavoratori di Sperlonga rappresenta l'ennesimo scandalo per il nostro paese. Non è così che si fa il bene di Sperlonga, non è questo il modo di tutelare le famiglie della nostra comunità».