Guarda all'infinitamente piccolo per prevedere l'infinitamente grande. Osserva i microrganismi, i geni che li compongono, perché è lì che potrebbero nascondersi le risposte sul futuro del pianeta.
Questo fa Daniele Iudicone, 50 anni compiuti una manciata di giorni fa, nato a Terracina dove è in vacanza in questi giorni a casa di papà Giovanni, da cui di certo ha ereditato la passione per l'ambiente. Daniele vive e lavora a Napoli, dove fa il ricercatore alla Stazione zoologica "Anton Dohrn". Qui coordina un progetto ritenuto di fondamentale importanza per comprendere il comportamento del plancton e delle microalghe di fronte al cambiamento climatico ormai in corso. L'oceanografo Iudicone, insomma, cerca risposte nella genetica dei microorganismi marini per avvicinarsi il più possibile ad una verità. «La domanda che ci poniamo - ci spiega Iudicone al telefono - è come i cambiamenti climatici avranno impatto sugli organismi marini. Gli oceani sono i più grandi ecosistemi del pianeta, hanno un ruolo fondamentale, il contesto fluido consente di sviluppare particolari tipi di adattamento».
Siamo all'origine della catena alimentare, in effetti. Davanti al plancton, a microalghe che costituiscono l'alimento primo per la vita nell'acqua. La ricerca coordinata da Daniele si "infila" tra due branche: la fisica e la meteorologia. Ma la prospettiva del suo studio è sulla genetica, ed è genetica la risposta che si vuole ottenere. «Lo studio è eseguito in laboratorio - prosegue Iudicone - dove riproduciamo con una simulazione, l'impatto di una tempesta sulle microalghe, cercando di definire i cambiamenti genetici. Così siamo in grado di capire quali organismi si adattano».
Fuori dai tecnicismi, alla Stazione zoologica "Anton Dohrn" si sta cercando di prevedere, ottenendo elementi certi, chi si salverà quando i cambiamenti climatici dovuti al surriscaldamento provocheranno calamità naturali tali da produrre una trasformazione delle condizioni di vita dal più piccolo al più grande essere vivente del pianeta. E si sa, si salva chi si adatta. «Lo studio si inserisce nel contesto di un ampio progetto chiamato "Tara Oceans", orientato proprio a studiare il rapporto, ritenuto centrale, tra il clima e il plancton». Con una barca a vela attrezzata Daniele ha solcato gli oceani con equipe internazionali. Ed è lì, in mare aperto, che dovrà tornare una volta conclusi i suoi esperimenti in laboratorio, per avere un riscontro reale.
Ad ogni buon conto, a noi profani Daniele appare solo come un'eccellenza italiana, per giunta terracinese, che lavora con l'infinitamente piccolo per avere risposte sul futuro della vita. E chissà, magari ci dirà come salvare il pianeta.