Cinquanta professionisti di Terracina firmano una lettera per chiedere al sindaco di fermare il progetto di realizzare un parcheggio a servizio degli imbarchi per le isole nell'area del Molo. «Egregio signor sindaco», inizia la missiva protocollata nei giorni scorsi a firma di cinquanta tra cittadini e professionisti «a vario titolo» «permeati da un reale e profondo interesse nei confronti della nostra città». La lettera ha l'obiettivo di esprimere le «perplessità» sull'idea di realizzare aree di sosta all'interno dell'area portuale, che affaccia sul mare. Diversi gli argomenti usati dai cittadini, non ultimo quello del posto che l'area del Molo occupa nella memoria collettiva. «Un Monumento nella memoria», scrivono, «sia per la rilevanza archeologica, essendo un museo a cielo aperto all'interno dell'antico bacino portuale traianeo, sia per il forte senso di aggregazione naturale che esso rappresenta nell' immaginario collettivo sin dal passato».

Solo a titolo di esempio, parlano di quell'area adibita a "stadio del molo", nel 1925, quando ospitò la Di Biagio, «la più antica squadra di calcio locale» e dove «i balilla e le giovani donne italiane del luogo si riunivano per le attività sportive previste dal sabato fascista»; e ancora, più avanti vi nacquero un «club di tennis, tornei di boxe, tiro al piattello e tantissime altre gare sportive, ma anche importanti eventi culturali per la città». Oggi invece c'è la sede invernale del Terracina Vela Club. ù

Al sindaco i firmatari chiedono di non interrompere «il corso di una storia così ricca di significati» e dunque di evitare un parcheggio. Piuttosto, i 50 professionisti chiedono «un concorso di idee pubblico, per individuare quel "giusto" progetto di riqualificazione di tutta l'area portuale». Aprire, in altre parole, la sfida al progetto migliore. L'ultima parola, va da sé, sarà del Comune. Ma, concludono i firmatari almeno che «queste soluzioni possano essere inquadrate in un'ottica di valenza paesaggistica, rispettandone i vincoli, onorandone la memoria storica e omaggiandola di un'opera non frammentata ma che guardi all'intero complesso come un unicum, in un percorso ideale di rigenerazione non solo "materiale" ma anche simbolica, per riscoprire il legame tra cultura e luogo».