«Le nuove mafie? Non esistono». Cesare Sirignano, magistrato della direzione nazionale antimafia crea la suspense con abilità quando pronuncia questa frase nella sala gremita dell'hotel Europa di Latina, dove i senatori del Pd Claudio Moscardelli e Maria Rosaria Capacchione hanno organizzato un convegno proprio sulle nuove mafie. Poi, sorridendo, Sirignano completa la frase: «Sono sempre le stesse, solo che si evolvono». Il senso più profondo del convegno di ieri sta in queste parole. Nell'ammonimento verso tutti, forze dell'ordine e magistratura, ma anche politica, che forse pensavo di aver sconfitto la mafia con arresti e sequestri di beni. «Non è così - ha aggiunto Catello Maresca, magistrato della Dda di Napoli - In questi anni abbiamo capito poco della mafia. Tanti arresti, molte operazioni ma loro sono sempre lì. La mafia è longeva. Per contrastarla dobbiamo colpire i soldi. La mafia è assistenziale: nelle liste degli stipendiati che troviamo, quelli in cima, i più importanti, sono la manovalenza. Quelli contano, non gli imprenditori. Paga chi sta in difficoltà. E' una questione sociale. Nei Comuni invito a guardare l'anagrafe: se ci sono più Schiavone che Rossi magari bisogna preoccuparsi». Ecco, la presenza delle famiglie storiche è un tema che ricorre nel convegno. Il dottor Sirignano dice che «se a Formia si parla di Bardellino da 30 anni una ragione ci sarà. Così come i Tripodo a Fondi. Le mafie entrano nel tessuto sociale e lo fanno da sempre. C'è contaminazione. Pensate a quando la camorra ricicla i propri soldi realizzando un grande centro commerciale: porta lavoro e sviluppo, quindi i cittadini lo vedono come qualcosa di positivo. E non c'è percezione di criminalità. Le mafie non si riducono nonostante gli sforzi. La politica ci ha dotato di armi importanti dal punto di vista normativo». Un concetto che poco prima aveva ribadito anche il vice capo della polizia Nicolò D'Angelo, ex questore a Latina. «Abbiamo un sistema investigativo che all'estero ci invidiano. Gli strumenti per contrastare la criminalità ci sono, dobbiamo sfruttarli meglio, tutti insieme». D'Angelo ha anche ricordato come a Latina ci sia un clan come quello dei Di Silvio-Ciarelli «capace con la sua forza di frenare anche i casalesi, facendo affari con loro». Cesare Sirignano conclude il so intervento indicando quella che per lui è la strada migliore per il contrasto alla criminalità organizzata: «E' necessario un coordinamento migliore tra le procure, tra la direzione nazionale e le varie realtà sui territori. La camorra parte da Napoli, ma i soldi vanno lontano. Se la Procura di Latina fa un'indagine e noi veniamo informati, possiamo aiutare a capire se ci sono dinamiche mafiose sul territorio. L'individualismo giudiziario ha purtroppo fatto nocumento a tutto il nostro sistema. Dobbiamo collaborare di più. Sperando di avere più mezzi: perché è chiaro che se la squadra mobile di Latina ha 20 elementi o ne ha 40, non è proprio la stessa cosa».