1.
«Coletta rinunci all'ennesima scelleratezza e riveda la decisione di estromettere le suore dall'insegnamento nelle scuole dei Borghi e nell'Asilo San Marco».
FALSO. Lo ha detto il senatore Gasparri, in piena campagna elettorale, che ne trova sempre una per parlare di Latina e attaccare Coletta. Qui è male informato: il sindaco non vuole cacciare le suore. E se lo avesse voluto fare davvero si sarebbe mosso in altri termini. Invece, trovandosi in mezzo al problema e seguendo l'input del dirigente che gli parla convenzioni non più rinnovabili con la vecchia formula, si è mosso di conseguenza: dare chiarezza giuridica a questi rapporti per evitare le zone d'ombra e le incertezze che negli ultimi anni accompagnavano i finanziamenti per queste scuole. Ora sta cercando una strada, anche se i tempi non aiutano. Tra nove giorni ci sono le iscrizioni.
2.
Le scuole paritarie comunali sono scuole private e non pubbliche.
FALSO
Ebbene sì, qualcuno ha detto anche questo. Nel linguaggio comune "pubblico" è normalmente inteso come sinonimo di "statale", ignorando che, con la legge 62/2000, le scuole paritarie fanno parte del sistema pubblico. I sei istituti paritari gestiti da Congregazioni, sono in tutto e per tutto scuole pubbliche di proprietà e di gestione comunale, affidate in convenzione a un ordine religioso. Non si paga alcuna retta, ci si iscrive con moduli da consegnare al Comune e alla scuola. Diverso è il caso della scuola Madre Giulia Salzano del Sacro Cuore e della ormai dismessa Preziosissimo Sangue, istituti paritari religiosi privati con il pagamento di rette. Tra le tre proposte del Comune c'è proprio quella di proporre alle paritarie di diventare da paritarie comunale a paritarie "religiose" offrendo un contributo, ma quello che le congregazioni non possono (non potendo permettersi di gestire la scuola con poche risorse umane) e vogliono fare è proprio far pagare delle rette.
3.
Le scuole paritarie non hanno gli stessi standard di qualità della statale, che oggi richiede altri livelli di preparazione.
FALSO
La vulgata è dura a morire nonostante ricerche su dati Ocse-Pisa e Invalsi la smentiscano. Le scuole paritarie devono presentare un'ampia documentazione ogni anno allo Stato per essere parificate, confermando che l'attività svolta è equivalente a qualsiasi altra scuola statale. Le maestre seguono corsi di aggiornamento e attuano un programma e un piano del'offerta formativa in linea con quello del Ministero della pubblica istruzione. Basta chiedere all'ufficio scuola del Comune che segue tutto l'iter. In più in queste scuole materne vengono fatti progetti integrativi (psicomotricità, teatro e inglese) e anche servizi di supporto come l'assistenza di una psicologa. Gava, Aramini e Leotta in una nota dove si parlava delle caratteristiche della gestione statalizzata sotto l'istituto comprensivo parlarono delle qualità presenti (presenza di una comunità professionale, linguaggio comune, identità istituzionale solida, presenza di organi collegiali), quasi instillando il dubbio che questi strumenti e percorsi non fossero presenti nella vecchia formula. Gli organi collegiali ci sono ("il POF viene elaborato dal collegio degli educatori ed adottato dal Consiglio della scuola" - si legge nel regolamento) e se non c'è un collegamento di programmi come nell'istituto comprensivo sussiste però un interscambio frequente rispetto al passato tra paritarie e docenti della primaria in funzione della continuità didattica.
4.
Le suore sono tutte anziane o vicine alla pensione.
FALSO
Anche questo è venuto fuori in una discussione social e la stessa dirigente De Simone nella relazione alla base della determina di marzo mette l'età elevata delle religiose tra le criticità del servizio. Laddove l'età era pensionabile, San Michele e Faiti, le suore sono già state collocate a riposo e messe all'accoglienza dei bimbi (situazione da formalizzare e regolarizzare). Nella scuola San Marco la direttrice ha 47 anni e le altre due suore che insegnano ne hanno 57 e 60, a borgo Podgora le due maestre hanno 37 e 60 anni, a le Ferriere la direttrice e insegnante ha 53 anni. Se la crisi delle vocazioni legata ai ricambi è un problema reale con cui fare i conti, c'è da dire che il personale attuale ha ancora diversi anni davanti.
5.
Le paritarie, e le suore, ci costano di più delle scuole statali.
FALSO
Nel 2012 uno studente statale costava in media ai cittadini 7.319 euro contro 476 di uno studente paritario. Una economicità riconosciuta anche di recente da Marian Aramini. Per le paritarie i soldi arrivano dal Miur, il Comune gestisce altre spese e mette 190mila euro annui. Ma di questa cifra 40mila euro sono per vitto e alloggio alle religiose ed utenze degli edifici, altri 150mila euro per gli stipendi di tutto il personale, sia docenti comunali che delle cooperative. In realtà le suore che insegnano in questi asili ricevono 564 euro netti al mese. Molto meno dele insegnanti comunali e di quelle assunte tramite le cooperative.
6.
Bisognerebbe vedere quanti extracomunitari e disabili queste scuole hanno ospitato negli anni e anche quanti figli di famiglie abbienti.
A chiederselo componenti del consiglio generale di Lbc e il consigliere Fabio D'Achille nelle solite discussioni a briglia sciolta in rete. Si allude a delle disparità di trattamento nelle procedure di ammissione, ma sarebbe bastato vedere il regolamento di queste scuole comunali e chiedere all'ufficio scuola del Comune che stanno amministrando, per avere notizie più chiare in merito. Le procedure di ammissione, con poche modifiche negli anni, sono sempre le stesse con poche variazioni e sono stabilite dal Comune (genitori lavoratori, residenza nel quartiere della scuola, certificazioni di disabilità, fratelli già presenti nella scuola etc). In particolare le scuole "sono aperte ai bambini italiani e stranieri" (articolo 4 del regolamento) e i bimbi con disabilità certificata ottengono il quarto punteggio più alto (18 punti) tra i criteri per l'ammissione. Quest'anno proprio nelle paritarie di cui si parla ci sono bambini extra comunitari e alcune disabilità importanti, come del resto in ogni scuola.
7.
«Le suore avevano già deciso da tempo di andare via»
Il sindaco lo ha ripetuto anche in conferenza stampa forse anche in virtù dell'appoggio morale del vescovo che nell'omelia di Natale aveva parlato delle difficoltà di questo servizio e di una comunità che non si è spesa per capirne il valore. Ma le suore non avevano deciso di andare via, se non hanno accettato le tre proposte del Comune è perché il loro, finora, è sempre stato un servizio alla città, libera nella scelta di iscrivere gli alunni, di fede cattolica e non, che possano convivere nelle stesse classi come avviene nella statale.