La prima paziente è Gianna, giovanissima, gli occhi vispi che hanno già dimenticato la malattia quando vedono Brenno, il «medico» a quattro zampe che allevia il dolore nel reparto di fine vita dell'Icot, dove tutto assume un altro colore, un altro odore, un altro sapore dal mondo che sta fuori. Al guinzaglio di Lara Crescimbeni il magnifico setter inglese entra all'Hospice Le Rose alle 10.30 del mattino accolto come una star. Dalle 8 una paziente chiede a che ora arriverà Brenno e intanto alla stanza numero 6 si stanno preparando alla terapia più inusuale ed efficace tra le cure palliative per i malati terminali. «E' il cane giusto per noi - dice la psicologa Marianna Totani, che fa parte dell'equipe della pet therapy dell'Icot - perché è dolce e allegro, ha il pelo lungo e morbido e ti viene voglia di accarezzarlo, di abbracciarlo come fosse un peluche. Per i nostri pazienti questa esperienza è straordinaria con effetti terapeutici tangibili».
«Buongiorno Brenno, siamo pronti? Oggi abbiamo tanto lavoro da fare, forza!». Il Primario, Fausto Petricola, è un oncologo specializzato in cure palliative e quando invita Brenno a dargli «una mano» con i pazienti lo dice seriamente. «In questo hospice la terapia non è prettamente medica ma si adottano tutte quelle opzioni che possono rendere più dignitosa questa fase della vita. - dice - I pazienti che incontrano Brenno si lasciano andare, dimenticano l'angoscia e il dolore. Nei giorni in cui il cane è qui ci vengono chiesti meno farmaci contro il dolore. Siamo al secondo mese di questo esperimento e crediamo, speriamo, che possa diventare un modello applicabile anche in altre strutture, magari presso quelle delle Asl. Poi sai, Brenno è uno di noi, fa parte della squadra, riconosce gli operatori ed è quasi lui che ci guida. Alle persone ricoverate cerchiamo di offrire una replica il più possibile fedele alla loro vita ‘normale', con una stanza che ricordi la loro casa vera, la musica in sottofondo. E in questo contesto si colloca anche l'incontro con l'animale da compagnia per eccellenza. I pazienti che arrivano qui hanno lasciato tante cose fuori, spessissimo un cane e quando incontrano Brenno ricordano il loro animale, le esperienze trascorse insieme. E' una cura palliativa efficace ed è soprattutto un modo per umanizzare questa fase di ricovero che certamente è molto difficile e dura per il dolore che provoca. Noi, qui non possiamo curare il tumore ma possiamo alleviare gli effetti dolorosi». Lara, la coadiutrice del cane, e Brenno sono arrivati in quel reparto dell'Icot su richiesta di un bambino di undici anni che era ricoverato lì lo scorso anno; i genitori hanno chiesto e ottenuto di esaudire un desiderio del piccolo paziente e la prova è stata un'esperienza forte e straordinaria al tempo stesso, tanto da convincere anche l'amministrazione dell'ospedale a mettere in campo un progetto specifico a più ampio raggio. Un esperimento, appunto. Ma visto cosa succede nei giorni di «visita» del dottor Brenno c'è da scommettere che proseguirà per molto, per molti.