I dipendenti della Slm potevano essere licenziati perché la società partecipata dal Comune era stata posta in liquidazione e aveva cessato ogni attività. Così ha deciso il Tribunale di Latina con la sentenza del giudice del lavoro appena pubblicata. Si chiude dunque, dopo quattro anni, una vicenda che aveva moltissimi lati paradossali ma che, soprattutto, era l'emblema di una stagione di promozione delle società partecipate al meglio inutili e al peggio in default. Dal punto di vista strettamente tecnico è stata semplicemente rigettata la domanda di due dipendenti della Società Logistica Merci spa che avevano il contratto di categoria del commercio, ma uno aveva anche chiesto che fosse riconosciuta la sua posizione di quadro; entrambi, difesi dall'avvocato Giuseppe Gallinaro, avevano impugnato il licenziamento avvenuto a novembre 2014 sostenendo che fosse illegittimo in quanto la legge consentirebbe di ricollocare il personale delle partecipate chiuse presso altre partecipate dallo stesso ente. Sulle società partecipate del Comune di Latina è vigente un piano di razionalizzazione che si rifà a quanto stabilito nel lontano 2010 dal commissario straordinario allora in carica. Quel piano autorizzava soltanto il mantenimento delle quote in Acqualatina spa, Latina Ambiente spa (poi fallita nel 2017) e Consorzio Industriale RomaLatina. Già allora veniva confermata la liquidazione (avviata nel 2004) della Terme di Fogliano spa e la liquidazione (avviata nel 2010) della Società Logistica Merci spa. Sempre a quella data (il 2010) veniva avviata la cessazione delle partecipazioni del Comune di Latina in Banca Popolare Etica scpa e nella società Italiana Industria Zuccheri in liquidazione dal 1983, soggetto in cui il Comune era entrato proprio per la presenza a Latina Scalo dello zuccherificio che nel frattempo è stato trasformato nel polo logistico che non è mai decollato. Peggio di Slm ha fatto solo la Terme di Fogliano, fallita l'anno scorso ma la sentenza del Tribunale di Latina è stata impugnata dal socio di maggioranza (il Comune) che ne chiede la revoca in quanto la stima dei terreni, catalogati come agricoli, avrebbe abbassato troppo il prezzo di vendita, dunque impoverito il patrimonio del socio medesimo.