Sono così piccole le aziende che a metà del 2019 possono dire che soffrono la crisi meno che lo scorso anno da essere quasi dei «microbi» nell'economia che guarda all'internazionalizzazione. Eppure proprio queste imprese, il cui numero di lavoratori coincide con quello del nucleo familiare, stanno offrendo i numeri migliori. Se ne è parlato in un incontro organizzato dal Rotary su «Imprese e famiglie - Quali supporti possibili». Le aziende cosiddette «micro» sono 35.491 pari al 95% delle piccole e medie e hanno oltre 67mila dipendenti pari al 60% del totale. Ciascuna di queste ha meno di dieci dipendenti.

E sono proprio loro quelle che tengono in piedi il tessuto connettivo dell'economia locale, o almeno lo hanno fatto finora perché adesso c'è una crisi molto complessa legata per un verso all'accesso al credito e per l'altro al recupero dei crediti verso i clienti. In questo la provincia si distingue in negativo per la durata dei processi civili, vera maglia nera con 1843 giorni di attesa. Ciò che rende diverse queste aziende è la loro capacità di adattamento ai cambiamenti insieme al livello dei costi che vengono calmierati proprio dalla dimensione familiare. Perché queste cellule minuscole dell'economia possano continuare ad esistere però è necessario, secondo quanto loro stesse chiedono in un monitoraggio fatto a beneficio delle pmi, c'è bisogno di una profonda revisione dell'accesso al credito.

Per comprendere nel dettaglio il ruolo delle aziende familiari è utile analizzare ciò che fanno o quello che producono, si va dal servizio di pulizia nei condomini, all'assistenza di persone anziani e/o disabili, alla produzione di fiori e relativa vendita, fino ad un lungo elenco di produzione artigianali e alimentari cosiddette di nicchia. Nel corso del dibattito di ieri pomeriggio sono state molte le proposte, soprattutto in relazione alla valutazione «sociale» di un'azienda e della sua propensione a spendere bene gli utili, dove per «bene» si intendono molte voci, dalla formazione ai servizi sociali, all'ambiente. E' il concetto alla base della cosiddetta «Economia comune» illustrata nel corso dei lavori da Nicola Blundo, direttore della Farmaceutica Lorenzini. L'immagine dell'economia pontina attraverso il filtro delle microimprese è assai diversa e complessa rispetto a ciò che si evince dai dati statistici. In realtà molte aziende sono storie familiari che durano, in taluni casi, da svariati decenni e che adesso chiedono di stare al passo con i tempi pur essendo soltanto dei granelli (pur indispensabili) dell'economia globale.