Un altro stop al progetto di accorpamento delle Camere di commercio arriva dalla Valle d'Aosta. La Corte costituzionale, con sentenza n. 225 del 29 ottobre 2019, nel conflitto di attribuzione tra enti, sollevato dalla regione autonoma ha dichiarato che «non spettava allo Stato, e per esso al ministero dello Sviluppo economico, adottare il decreto ministeriale del 16 febbraio 2018, recante "riduzione del numero delle Camere di commercio mediante accorpamento, razionalizzazione delle sede e del personale", limitatamente agli articoli 7, comma 1, e 7, commi 1, 3, 5, 6, 7 e 8, nella parte in cui si applicano alla Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste, nonché agli allegati A) C) e D), nelle parti espressamente riferite alla Camera valdostana». Pertanto, in quelle parti il decreto ministeriale è stato annullato. Gli articoli in questione riguardano la riorganizzazione del personale delle Camere di commercio, le procedure di mobilità del personale, il divieto di assunzione e di conferimento di incarichi, mentre gli allegati riguardano la denominazione, il numero di aziende speciali e il personale dirigente e non dirigente.
In precedenza con sentenza 261 (richiamato dalla nuova pronuncia), la stessa Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo l'articolo 3 della norma sul riordino delle funzioni (che riguarda anche la fusione tra le Camere di commercio di Frosinone e Latina) e del finanziamento delle Camere di commercio perché stabilisce che il decreto del ministro dello Sviluppo economico sia adottato "sentita" la Conferenza Stati-Regioni e non "previa intesa".
Il partito dei contrari all'accorpamento tra Frosinone e Latina esulta allora. Anche se, la decisione della Corte costituzionale, presieduta dal ciociaro Giorgio Lattanzi, si inserisce in un quadro differente, condizionato dallo statuto speciale della Valle d'Aosta che - come specificato nella sentenza - «è, infatti, direttamente titolare delle funzioni attribuite alle Camere di commercio».
In particolare, da Aosta si lamentava la violazione dei principi «di sussidiarietà» e «di leale collaborazione» tra enti dello Stato. La Regine, richiamando la pronuncia n. 261 del 2017, ha ribadito che se la fase di concertazione con lo Stato non va a buon fine, il Governo può giungere «ad una decisione unilaterale, purché "corredata da una motivazione esplicita, specifica e concreta, ove si dia conto degli scambi intercorsi e dei perduranti punti di dissenso».
Per la Valle d'Aosta «lo Stato avrebbe violato tali direttive, perché, non pervenendo all'intesa con le Regioni, non avrebbe accolto le osservazioni fatte pervenire dalla Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste, né avrebbe motivato circa le ragioni che lo avrebbero indotto a non tenerle in considerazione». In sostanza mancherebbe la motivazione delle ragioni della mancata intesa.
La Corte riferendosi alla pronuncia del 2017 ha ribadito che le Camere di commercio sono «organi di rappresentanza delle categorie mercantili», ma anche «strumenti per il perseguimento di politiche pubbliche». Dunque «enti di diritto pubblico, dotati di personalità giuridica». Sempre secondo la sentenza 261 «le funzioni esercitate dal sistema camerale esigono, dunque, "una disciplina omogenea in ambito nazionale", posto che le Camere di commercio non sono "un arcipelago di entità isolate, ma costituiscono i terminali di un sistema unico di dimensioni nazionali che giustifica l'intervento dello Stato», ma contemporaneamente il coinvolgimento delle competenze regionali determina il «rispetto del principio di leale collaborazione». Da qui il nuovo schema di decreto ministeriale, sottoposto alla conferenza Stato-regioni che, però, ricalca il precedente.