Non luogo a procedere per intervenuta prescrizione. Si conclude così, senza responsabili ma soprattutto senza un processo, la vicenda del fallimento della Terracina Ambiente. Dopo decine di rinvii in un procedimento giudiziario durato oltre 7 anni e rimasto alle fasi preliminari, finisce praticamente senza nemmeno cominciare il processo sulla bancarotta della società a gestione mista che si è occupata dal 2007 al 2011 della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti nella città del Tempio di Giove, prima di fallire per un debito di 400 mila euro.

Il 12 novembre scorso, nella prima e unica udienza dibattimentale, il collegio penale presieduto dal giudice Valentini (a latere, Fosso e Villani) si è dovuto limitare a dichiarare la prescrizione dei reati per tutti gli imputati, già maturata durante l'udienza preliminare. Prosciolti dunque Alfonso Cangiano, Orlando Bagnariol, Umberto D'Alessio, Luigi Torre, Giuseppe Mosa, Luigi De Stefano; Valerio Bertuccelli (in qualità di ad) Pierino Crescenzi, Francesco Pariselli e Gabriele Giordano, ex membri di cda e del collegio sindacale, rappresentati dal collegio difensivo composto da Enrico Cellini, Gaetano Marino, Marco Popolla, Massimiliano Fornari. Una storia processuale che si chiude senza essere discussa. Gli imputati erano accusati a vario titolo di aver causato la bancarotta della spa.

Uno dei tanti cortocircuiti di una giustizia farraginosa e lenta, che ha visto tutta la fase preliminare costellarsi di rinvii, cambio dei giudici, notifiche omesse o sbagliate. Si ipotizza che il danno della bancarotta nei confronti dei creditori sia di circa 6 milioni di euro. Un processo parallelo è stato discusso in sede civile, con gli stessi citati in giudizio, davanti al tribunale delle Imprese, che qualche mese fa ha respinto l'azione di responsabilità civile della curatela fallimentare nei confronti degli indagati. Il tribunale ha stabilito in quel caso che gli amministratori della spa abbiano agito correttamente.