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Il dibattito

Prescrizione, il processo diventa la pena: la mano del Pd sulla notte della giustizia

Dal 1° gennaio la novità che blocca un principio di diritto e crea un limbo con procedimenti eterni. Giuristi, avvocati e magistrati contro la riforma voluta dal governo giallo-rosso

Prescrizione, il processo diventa la pena: la mano del Pd sulla notte della giustizia

Giustizia e giustizialismo non dovrebbero mai essere sinonimi, ma è esattamente questo l'accostamento che la maggioranza giallorossa di questo nostro Paese ci impone di ingoiare già a partire da dopodomani, 1 gennaio 2020, con l'entrata in vigore della norma che introduce la sospensione della prescrizione dalla pronuncia della sentenza di primo grado.

 
Uno sfregio allo Stato di diritto, che ci trasformerà tutti in ostaggi a tempo indeterminato del sistema giudiziario. Altro che «battaglia di civiltà contro l'Italia degli impuniti», come vanno sostenendo i paladini del giustizialismo; l'unico impunito che avremo d'ora in poi tra noi sarà lo Stato, in barba all'articolo 111 della Costituzione che assicura ad ogni cittadino la ragionevole durata di un processo. Ma non c'è nemmeno più tempo per stare a ripetere quello che si sente sempre più spesso da parte di una fetta sempre più rappresentativa della società italiana che si oppone con fermezza all'introduzione di un nuovo tipo di pena, l'ergastolo del processo.

 
Il problema, adesso come ieri, è tutto politico, e attiene ai rapporti sempre più imbarazzanti tra i due partiti che costituiscono la maggioranza di governo di questo nostro Paese che assiste allo smantellamento dei pochi presìdi di civiltà rimasti. Il silenzio di Nicola Zingaretti su un tema così dirimente come quello del garantismo, non trova altra spiegazione che quella di una spartizione a monte, con l'alleato M5S, delle materie in cui si esprime l'azione di governo della nazione. Una spartizione che ha evidentemente assegnato in sorte la giustizia a Luigi Di Maio e soci, per farne esattamente quello che ne stanno facendo grazie al loro guardasigilli Bonafede: uno strumento di propaganda populista da cui sperano di recuperare una quota dei consensi smarriti nella precedente esperienza di governo con la Lega, quella in cui è maturata questa inqualificabile riforma.

Malgrado alcune autorevoli prese di posizione interne al Pd contro la sospensione della precrizione, Nicola Zingaretti finge di non vedere e non sentire, e si piega al rispetto di un probabilissimo quanto scellerato accordo spartitorio che riassume in questo sfregio giustizialista il nonsenso di una maggioranza che non aveva ragione di esistere quando era colorata di gialloverde, e che non ne ha adesso che si è riverniciata di giallorosso.

 
Voltando il capo dall'altro lato rispetto a questo scempio normativo, Nicola Zingaretti in un'unica occasione toglie da un lato al Pd la possibilità di maramaldeggiare (come aveva magistralmente fatto in passato Salvini) sulle spoglie del M5S, dall'altro consegna a Renzi il consenso di quella parte sana del Paese che vorrebbe ancora continuare a credere, vivere, lavorare e produrre in un contesto garantista che non vorrebbe mai consegnare alcuno dei suoi cittadini, in eterno, alle maglie di una giustizia spesso lenta e inefficiente.

Da Zingaretti ci saremmo aspettati di vederlo ergersi a difensore del garantismo e dello Stato di diritto; di farsi promotore di una riforma seria per assicurare a tutti i cittadini un giusto processo in tempi certi, e non già di accodarsi sulla scorciatoia di un giustizialismo pericoloso e imbelle che sta compromettendo l'immagine di un partito che aveva l'ambizione di essere il baluardo a difesa dagli attacchi di tutti gli «ismi» che offendono la civiltà degli italiani.

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