Il dibattito
30.12.2019 - 20:15
Per giudicare una riforma in materia penale bisogna comprenderne sino in fondo significato ed effetti. Il recente dibattito "pubblico" sulla prescrizione, invece, sembra affetto da uno dei vizi tipici del populismo penale: la semplificazione a fini mediatici del discorso sui temi della giustizia e la distorsione del messaggio, strumentale all'uso politico della "questione criminale". La prescrizione in materia penale è istituto antichissimo: il decorso del tempo estingue il reato cancellandone le conseguenze penali. La domanda che vale la pena porsi allora è: può il sistema penale fare a meno della prescrizione del reato? Se da una parte essa risponde a precise esigenze di garanzia di diritti fondamentali dell'individuo rispetto alla "macchina" punitiva dello Stato, dall'altra astrattamente incontrerebbe un limite "oggettivo" nell'attivarsi dell'apparato punitivo per il perseguimento dei reati.
Tuttavia, nel nostro ordinamento la pena deve tendere alla rieducazione del reo (Art. 27, comma 3 Cost): una condanna che intervenga a distanza di troppo tempo dal fatto non può rieducare un soggetto che non avrà più neanche la memoria del reato commesso. Ma è in gioco anche la tutela della dignità umana (art. 2 Cost.): chi commette un reato ha il diritto di essere "lasciato in pace" dall'apparato punitivo (diritto all'oblio) dopo un certo tempo; un processo che si prolunghi all'infinito porta l'imputato a subire una degradazione della propria dignità, del tutto ingiusta, e non commisurata alla gravità della sua colpa, o alla stessa colpevolezza, se si pensa alla definitiva assoluzione che giunga dopo svariati anni di processo.
La riforma attuata con la legge n. 3 del 2019 (cd. spazzacorotti), dà una sterzata a centottanta gradi rispetto alla rotta segnata dai principi: si prevede nella sostanza il blocco della prescrizione dopo la sentenza di primo grado, sia in caso di assoluzione che di condanna, con un incomprensibile svilimento del valore garantistico di questo istituto.
Un primo effetto sarà quello di creare una specie di limbo, quello degli eterni "giudicabili, frutto di irragionevole parificazione del trattamento dei condannati rispetto a coloro che siano stati assolti nel processo di merito. In quest'ultima ipotesi l'effetto della riforma risulta a dir poco paradossale: chi sia stato assolto, dinanzi all'appello del pubblico ministero, rischia di restare inchiodato al processo senza limiti di tempo, con buona pace del diritto, riconosciuto dalla Costituzione (art.111 Cost) ad essere rapidamente riabilitato da un'accusa infondata. Si sacrifica, così, il sacrosanto diritto dell'imputato ad un processo di ragionevole durata sull'altare della repressione incondizionata; senza che questo "forcone" cieco comporti un guadagno in termini di effettività per il sistema penale che vedrà il moltiplicarsi di processi "sospesi e abbandonati".
Infine, la possibilità di condannare senza limiti di tempo, in sede di appello, dopo una sentenza assolutoria di primo grado, rischia di compromettere il diritto dellimputato a difendersi attraverso le prove (art. 24 Cost.). Per dirla con Mario Pagano: la troppo tarda pena è un inutile esempio ed il lungo tempo ricopre in un'oscura notte colla memoria la chiarezza delle prove".
Una riforma seria della prescrizione dei reati dovrebbe farsi carico, prima di tutto, di introdurre regole cogenti sui tempi del processo, ben oltre le promesse ed i proclami, raccordando le fondamentali esigenze sottese alla prescrizione (sostanziale) del reato a dei semplici meccanismi di "prescrizione del processo" che ne garantiscano la ragionevole durata. Un equilibrio accettabile tra esigenze sostanziali e processuali era stato raggiunto con la previsione, contenuta nella riforma Orlando della sospensione del corso della prescrizione per periodi massimi, durante la celebrazione dei due gradi di impugnazione.
Prof Nicola Pisani
Ordinario di Diritto penale
Università degli studi
di Teramo
Articoli precedenti:
Prescrizione-il-processo-diventa-la-pena-la-mano-del-pd-sulla-notte-della-giustizia
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