L'intervento
30.12.2019 - 20:45
Il dibattito pubblico degli ultimi mesi si è incentrato sempre più sulla riforma della prescrizione penale che è diventato il fulcro di un aspro confronto politico all'interno della maggioranza (oltre che al suo esterno). Sulla questione si è comunque avuta una fortissima reazione, non solo da parte dell'Avvocatura Italiana, ma anche dell'intera comunità dei giuristi, compreso il mondo accademico e parte significativa della Magistratura. Ma di cosa si tratta e cosa comporta? Con la legge di proposta governativa n. 3/2019 si è disposto che, ultimato il primo grado di giudizio, i reati non possano più estinguersi per prescrizione, ovvero per il decorso del tempo: ciò vuol dire che dopo la prima sentenza l'imputato potrà rimanere sottoposto al processo senza alcun limite temporale. La motivazione ufficiale di tale scelta starebbe nell'esigenza di impedire che i colpevoli la facciano franca semplicemente utilizzando strategie processuali. Ora, va ricordato che il processo penale non è il mezzo per assegnare pene detentive più o meno severe, ma è invece lo strumento di civiltà per consentire che la reazione penale dello Stato colpisca il vero colpevole, a garanzia dell'imputato per impedire che sia sanzionata una persona innocente, certo, ma anche a tutela delle parti offese e della comunità, che hanno interesse a ché sia il reo e non altri a scontare la sanzione. Proprio perché attiene a fatti tanto rilevanti, con gravi conseguenze per gli individui e la collettività, il processo penale è sempre una vicenda drammatica che incide in modo profondo nelle coscienze delle persone. Esso deve dunque svolgersi in un tempo definito e breve, per consentire all'innocente di uscire presto da una situazione pesante e di emarginazione, ma anche perché a distanza di troppo tempo la pena colpirebbe una persona cambiata, incidendo anche su chi abbia stretto rapporti con il reo (basti pensare ai rapporti professionali, personali e familiari, e ai figli). La prescrizione serve dunque a evitare che il dramma del processo si trasformi per l'imputato (e i suoi cari), soprattutto se innocente, in una pena senza fine; ma serve anche a rassicurare tutti, comprese le vittime dei reati, che il processo si concluderà presto con la condanna del colpevole. La prescrizione è dunque uno strumento estremo ed eccezionale, per dare garanzie rispetto a situazioni di anormale durata: proprio per tale motivo, essa è inutilizzabile per le strategie dilatorie dei difensori, poiché tutti i rinvii del processo, ma proprio tutti, se richiesti dall'imputato o dal suo difensore, ne comportano la sospensione e non hanno conseguenze. Ma in Italia i processi penali si svolgono – ordinariamente e nella generalità - in tempi assolutamente inaccettabili (e la situazione dei processi civili è anche più drammatica), ovvero in un arco temporale dilatato e del tutto indifferente alle ordinarie vicende della vita delle persone e della società. La causa di tutto questo, come è evidente dalla lettura delle statistiche giudiziarie e dal confronto con quanto avviene negli altri paesi del mondo occidentale, sta nella assoluta e cronica carenza delle risorse materiali e umane: basti pensare, per fare un esempio, che per quasi un trentennio non si sono svolti concorsi per l'assunzione del personale di cancelleria, così che non si è potuto procedere nemmeno al rimpiazzo degli addetti, già pochi in origine, che venivano meno per pensionamento. Riguardo a tale pesante quadro, è pur vero che, come ha affermato il Premier Conte, in altri paesi come la Germania la prescrizione si blocca ad un certo punto del processo, ma la realtà ci dice che si tratta di realtà in cui, per i tempi estremamente rapidi dei processi, della prescrizione non ci sarebbe nemmeno bisogno. Per restare al raffronto con la Germania, i nostri vicini tedeschi definiscono un processo penale in 339 giorni: ovvero, in meno di un anno si svolgono ben tre gradi di giudizio (117 per il primo grado, 127 per il secondo e 95 per il giudizio innanzi alla corte suprema). In Italia la stessa vicenda si conclude, in media, in 1377 giorni (310 per il primo grado, 876 per il secondo e 191 per il giudizio in Cassazione): ovvero quasi quattro anni. E si tratta di dati di media, giacché, a volte i processi durano molto di più. In un quadro così pesante, i nostri tempi di prescrizione sono ben più lunghi della durata del processo: i delitti minori si prescrivono in non meno di sei anni, per i più gravi si arriva a oltre venticinque anni, ma comunque la prescrizione non estingue i delitti per cui sia previsto l'ergastolo. In un quadro così deteriorato, in cui la Giustizia è lasciata in un'inaccettabile carenza di risorse, la prescrizione funge ancora da deterrente, affinché una macchina tanto mal messa assicuri comunque un minimo di funzionalità. Sopprimerla, al di là delle motivazioni demagogiche e false che hanno accompagnato la riforma, non determinerà alcuna accelerazione ma consentirà invece che i processi possano svolgersi all'infinito, in un mondo virtuale e parallelo in cui il tempo sembra non esistere e la vita delle persone non ha rilevanza. Cosicché nessuno, né l'imputato né la parte offesa né la collettività potrà ricevere l'apporto della funzione più rilevante dello Stato di diritto: la certezza dei rapporti personali e giuridici e la risoluzione regolata dei conflitti. La battaglia sulla prescrizione dunque rappresenta un baluardo di civiltà, in cui la demagogia giustizialista sta facendo da paravento alla vera questione di fondo: il venir meno delle nostre istituzioni nazionali ai doveri primari dello Stato di diritto. Denunciare la prescrizione come strumento di elusione della pena, come alcuni stanno demagogicamente facendo, significa chiedere di guardare il dito, ovvero il sintomo di un malessere, invece di guardare la direzione che il dito indica: denunciare la inaccettabile inefficienza dell'amministrazione giudiziaria affinché sia rivendicato il diritto della collettività di pretendere una Giustizia che funzioni e non invocare un processo forcaiolo e senza fine.
Altri articoli, leggi anche:
Prescrizione-il-processo-diventa-la-pena-la-mano-del-pd-sulla-notte-della-giustizia
Edizione digitale
I più recenti
Ultime dalla sezione