Dopo sessanta lunghi anni di attività con il pettine e le forbici in mano, Gastone Contarini, classe 1946, ha deciso di smettere di fare il barbiere. Domani sarà l'ultimo giorno utile per vederlo all'opera, e chi vorrà potrà approfittarne per cercare di conquistare il primato dell'ultimo cliente passato sotto il rasoio di questo irriducibile del «barba e capelli». Come è nella tradizione di questo particolarissimo mestiere artigianale, anche Gastone Contarini ha cominciato giovanissimo, quando aveva soltanto 14 anni, e da allora non si è mai fermato. Ma adesso ha deciso che è arrivato il momento di dire basta. Un salto nel buio? E chi può dirlo? Magari per un po' Gastone si sveglierà di soprassalto per correre ad aprire bottega; magari gli mancheranno i suoi clienti. Ma saranno loro, i clienti, a soffrire per la chiusura del loro barbiere di fiducia. Ne troveranno un altro, con un altro nome e in un'altra strada della città, ma non sarà Gastone. E nemmeno un suo discepolo, o una sua creatura, perché i ragazzi, a imparare il mestiere a bottega, non ci vanno più.

Martedì 31 dicembre chiude per sempre, in Corso Matteotti 69, il mio barbiere Gastone Contarini.
Dice: "Vabbe', ma sta a chiude tutta Latina! Mo' chiude pure Andreoli, non c'è più un negozio che rimane in piedi e tu vieni a rompermazzo col barbiere tuo? Vallo a di' al sindaco, no?"
Ah, il sindaco l'ho votato e quindi no comment, non mi pronuncio. Latina è per me la migliore di tutte le città possibili e se comunque per caso c'è pure qualche cosa che non funziona, be', non si discute: la colpa è sempre de quelli de prima. Che c'entra il sindaco mo'?
Detto questo, io già rimasi sconvolto quando da piccolo mi chiusero la bancarella davanti a San Marco e La Provvida invece in piazza 23 Marzo: "Mo' ndò vado a comprà più le giuggiole?". Poi, mano mano, tutti gli altri: Benedetti in piazza del Popolo coi supplì, la rosticceria Tribò a via Eugenio di Savoia, il macellaio Massa, Cassia, Martignago Calzature del Nord, L'Emiliana, il calzolaio Pasquale Cremonese che suonava pure l'organo Pinchi della chiesa, il Bar del Corso, il Bar Centrale, l'alimentari Roccato già della signora Sala, la profumeria Zarfati, Raimondo santo Raimondo libreria Raimondo e tutti tutti gli altri fino appunto ad Andreoli. "Che cazzo sta a succède alla Latina mia?" mi sveglio ogni tanto di notte strillando nel buio.
"Che vòi che sta a succède?" mi consola allora subito mia moglie: "Succede solo che te stai a fà vecchio, pezzo de cretino! Riméttete a dormì, che fra poco chiudemo anche noi".
Sì, vabbe'. Ma il barbiere no, per cortesia. Ai barbieri dovrebbe essere vietato chiudere l'attività: "Hai voluto fà quel mestiere? E allora no, mori là, sul lavoro. Non te ne pòi andà un minuto prima, non pòi dà sta fregatura ai tuoi clienti, è un crimine contro l'umanità".
Esattamente infatti come la squadra di calcio, il barbiere di ognuno è per la vita. Nessuno cambia la sua squadra del cuore, a questo mondo. Bella o brutta che sia, una volta che l'hai scelta te la tieni per sempre. Così il barbiere. Io da Gastone ci vado dal 1974, mi posso mettere a cambiarlo? E dove lo trovo un altro che sa già come farmi i capelli e soprattutto rifilarmi i baffi, che oltre tutto i barbieri di oggi non fanno neanche più le barbe ed i baffi, solo i capelli haute couture li possin'ammazzà, le barbe e i baffi no: "Vada da qualcun altro". E da chi vado, dal sindaco? Dal meccanico? Vado all'Icot, a famme i baffi?
Vi ci voleva davvero Tullio Cinto a questo giro, che aveva un baffo sottile sottile e controllava con la lente allo specchio se c'era solo anche un decimo di millimetro fuori posto. Come Sante Palumbo, peraltro. Tutti e due clienti di Gastone, che cominciò a quattordici anni, nel 1960, come apprendista da Russo Pasquale – sotto i portici di piazza 23 Marzo – diventato poi Bulgarelli. Dopo due anni di apprendistato ne fece tre di scuola professionale il lunedì mattina a L'Oreal di Roma a via del Tritone. E dal martedì alla domenica – perché una volta i barbieri, ma pure gli alimentari pane pasta olio vino, stavano aperti anche la domenica mattina – a lavorare a bottega a Latina da Tommaso Longo, da Alberto Silvestri, da Angelo Zanuto finché nel 1969 ha aperto con Zanuto stesso la bottega sua in Corso Matteotti.
Come faccio io adesso? E parlo ovviamente solo come barbiere – per i miei baffi, ripeto – non come persona, perché come persona è insopportabile Gastone Contarini figlio di coloni, padre veneto e madre friulana bravissime persone, loro due. Lui no. Lui è un rompicojoni de prima categoria.
Ora è vero che le botteghe di barbiere sono sempre state – fin dalla più remota antichità – fucina e ritrovo di arti oratorie, dialettiche, magico-esoteriche e retorico-speculative. È da lì che sono sempre usciti i massimi sofisti, poeti e filosofi, da Socrate al Burchiello. Ma lui non si sopporta proprio, è peggio di Coletta.
Arrogante e supponente, cià sempre ragione lui. Non puoi dire una parola – quando stai sulla poltrona – che subito parte al contrario e non finisce più. Neanche sputa o gli si secca mai la lingua. Ti tiene legato lì con l'asciugamano stretto – il rasoio puntato sotto il collo – e va avanti ore e ore, finché non dici: "Basta, m'arrendo".
Se sei comunista fa il fascista, se invece sei fascista: "Viva Stalin, viva la Siberia! Tutti nei gulag ve dovevano mandà". Non parliamo poi di calcio – è interista, mannaggia a lui e al farmacista di fronte che è peggio di lui – o a dirgli solo che sei verde cinquestelle o ambientalista. Allora sì che diventa una bestia – cacciatore com'è – e gli escono tante di quelle cazzate che, appena sono fuori di lì, me le appunto subito su un foglietto e poi le infilo tutte quante, pare pare, nei miei libri. È lui la fonte privilegiata – lo confesso – di ogni mia cosiddetta innovazione linguistica. Come mi metto quindi adesso, senza più il mio barbiere? Come farò?
"Vai dal cinese di fronte" dice lui: "Io me so' stufato. Quello, forse, i baffi te li fa".
Speriamo, per i baffi. Ma per le cazzate? Me tocca métteme a studià pure il cinese, mo', pe' poté rubbà le cazzate del cinese? Oppure chiudo bottega pure io – "Annàtevene a quel paese tutti quanti" – e ‘nzene parli più?
Antonio Pennacchi