Riceviamo dal Presidente dell'Ordine degli Architetti della Provincia di Latina, Massimo Rosolini, un nota relativa alle operazioni di taglio delle alberature di viale Mazzini, operazioni attualmente in corso e di fronte alle quali, fino a questo momento, la città è sembrata indifferente, malgrado la bellezza del viale che congiunge il Palazzo di Giustizia all'Intendenza di Finanza, regalando alla città una delle prospettive più belle e interessanti, naturalmente insieme al corredo arboreo che da sempre la caratterizza. Ecco il testo integrale della nota dell'architetto Rosolini.
«Caro Direttore, mentre ti scrivo, un pezzo importante della città viene stravolto. Il viale Mazzini che era indiscutibilmente il più bel viale della città, è reso irriconoscibile e desolante dall'abbattimento di tutti i suoi pini, e sembra anche dei platani, disposto dall'amministrazione Comunale. Anni fa, la stessa operazione fu eseguita dalla sera alla mattina su viale Italia, per ordine del Commissario di passaggio, senza turbamento da parte di nessuno. I filari di pini di viale Italia e di viale Mazzini costituivano un insieme che caratterizzava uno degli assi principali della città originaria. Quello che taglia il centro urbano dal Tribunale all'ex-Onc di Piazza del Quadrato e, incrociando in piazza del Popolo l'asse di Corso della Repubblica, costituisce l'origine della forma urbana della nostra città e come tale è sottoposto a vincolo paesaggistico dal Piano Territoriale Paesistico Regionale imponendo il parere della Soprintendenza su tutti gli interventi che riguardano l'area. Tuttavia, su questa si è abbattuta prima una scelta monocratica e adesso una, si spera, democratica che mostrano, purtroppo, di avere in comune l'indifferenza per l'anima di questa città, per la sua identità, per la sua forma. In ambo i casi la questione della eventuale pericolosità di quelle piante è stata affrontata nel modo più sbrigativo e rozzo, disponendone la eliminazione senza un progetto di intervento che si ponesse il problema di come gestire un cambiamento urbano così profondo. Nessun confronto con la cittadinanza, nessuna, che si sappia, meditazione interna all'amministrazione sulla scelta del metodo migliore da seguire, nessun «Urban Center», nessun Ufficio di Piano o altro che abbiano espresso alcunché sull'argomento, nessuna conferenza stampa informativa, nessuna consulenza autorevole richiesta per acquisire suggerimenti all'altezza del problema, ma soprattutto nessuno sforzo per immaginare un Piano del Verde per la città. In tempi di forestazione urbana, di massiccia piantumazione di nuovi alberi per contrastare il degrado dell'aria cittadina e il cambiamento climatico, a Latina gli alberi li tagliamo e basta. Tempo fa assistemmo al taglio dei due pini che integravano l'architettura della Stazione ferroviaria, secondo il progetto del grande Angiolo Mazzoni, senza lamenti di nessuno. Ora, la eliminazione degli alberi che costruivano l'architettura verde dell' asse centrale della città. Ci resta lo splendido pino che completa l'architettura dell' ufficio postale di Sabaudia, altra opera del Mazzoni, restano gli spettacolari filari di via Epitaffio, della via Litoranea e della via Appia. Prima di vedere anche questi rasi al suolo, non sarà il caso di affrontare seriamente il problema di come salvarli, di come limitare i tagli al minimo possibile, di come mantenere questo patrimonio arboreo e paesaggistico inestimabile con opportune potature, controllo dello stato delle radici, etc., prevedendo la piantumazione di nuovi esemplari al posto di quelli rimossi, rivedendone ove possibile la collocazione in rapporto ai tracciati stradali e così via? Strana la sorte di questo territorio, prima il taglio delle selve mediterranee che coprivano quasi del tutto la pianura pre-bonifica a cui si sostituirono i campi coltivati e i filari di eucalipti delle fasce frangivento, poi il taglio delle fasce frangivento e l'invasione edilizia dei campi coltivati, ora l'eliminazione dei Pini. Sembra che la distruzione del paesaggio sia una costante della nostra vicenda. È un pensiero triste a cui non si deve cedere, ma i fatti non incoraggiano».
Il commento del direttore Alessandro Panigutti
Mi restano bene impressi nella memoria due episodi relativamente recenti della nostra città, entrambi legati alle sorti di un eucaliptus, anzi due, entrambi abbattuti per fare posto a due costruzioni regolarmente autorizzate (salvo sviluppi successivi) dal Comune di Latina. Il primo episodio riguarda l'epitaffio che il nostro scrittore Antonio Pennacchi volle tenere ai piedi di un enorme eucaliptus in via Emanuele Filiberto, a ridosso del quartiere Nicolosi, alla vigilia del taglio; il secondo, più recente, è quello della sollevazione popolare, con tanto di sit in e cortei notturni in via Quarto, e perfino la nascita di una associazione che ancora esiste, anche lì per tentare di salvare un grande eucaliptus che oggi non c'è più.
Intorno alle sorti dell'albero di via Quarto e all'attività encomiabile dell'associazione Gigante buono, se non ricordo male, c'era stato un grande interesse da parte di Rinascita Civile e del gruppo di persone che poco più avanti avrebbero dato vita a Latina bene comune, la formazione che oggi governa la città, la stessa che oggi, senza andare troppo per il sottile, ha decretato la condanna a morte non di un pino, ma di qualche decina, e con quelli altrettanti esemplari di platano. L'iniziativa dell'abbattimento ha correttamente ottenuto i pareri favorevoli da parte dei carabinieri della Forestale e dalla Soprintendenza ai Beni Architettonici, entrambi posti di fronte ad una richiesta motivata da «grave pericolo per la sicurezza delle persone».
Come opporsi? Con quale motivazione negare quella autorizzazione? E soprattutto, chi è disposto ad assumersi la responsabilità del rischio?
Beh, qualcuno c'è che dovrebbe assumere quella responsabilità, ed è certamente l'amministrazione comunale, sindaco in testa. Benché si sia assistito di recente al crollo di un paio di pini proprio in viale Mazzini e uno in Piazzale dei Bonificatori, a riprova del fatto che il problema esiste, l'amministrazione in carica, cui la sorte ha risparmiato grane derivanti da conseguenze che per fortuna non ci sono state, anziché domandarsi perché nessuno aveva rilevato situazioni di pericolo per gli alberi caduti, e anziché dare inizio ad un'attività di controllo e monitoraggio mai intraprese, ha pensato bene di eliminare il problema alla radice. Nel vero senso della parola.
Quello che vale la pena sottolineare in questa circostanza, è che non ci troviamo di fronte alla sorte di uno, dieci o cento alberi che si possono comunque ripiantumare magari proprio nello stesso posto, e che non è mai il caso di armare piagnistei buonisti quando c'è da sacrificare una pianta per una ragione sacrosanta come quella di garantire la sicurezza delle persone.
Stavolta il problema è un altro: chi ha stabilito che tutti, ma proprio tutti i pini ed anche i platani di Viale Mazzini debbono sparire da quella strada?
Davvero tutti i pini di Viale Mazzini sono pericolanti e pericolosi? E i platani, piante proverbialmente solide e molto salde a terra, cosa c'entrano?
Ha ragione da vendere il Presidente dell'Ordine degli Architetti quando si domanda se vi sia stato un iter preliminare all'abbattimento indiscriminato di quelle piante, magari teso ad informare i cittadini e a metterli nelle condizioni di condividere o meno un sacrificio del genere.
Non fosse altro che la maggioranza dei cittadini di Latina, spinti anche dal richiamo di una promessa che già da tempo si è rivelata uno slogan vuoto e privo di sostanza, la promessa della condivisione e della partecipazione, ha fortemente voluto questa amministrazione.
Quella maggioranza, convinta che il piacere di vivere in una città sia favorito in buona parte anche dalla bellezza dei luoghi laddove ne esistano di belli, non soltanto si vede oggi ripagata con la moneta della sufficienza e del superbo disinteresse, ma perfino ignorata.
Un dittatore che ha bazzicato assai dalle nostre parti, e al quale è certamente riconducibile la cancellazione di un'intera palude e annessa vegetazione e habitat naturale, si era comunque lasciato convincere dal fratello agronomo a risparmiare qualche pianta, e oggi per fortuna abbiamo il Parco Nazionale del Circeo.
Il sindaco Coletta non chiederà consiglio alla memoria dell'agronomo che ha cancellato dalla toponomastica cittadina, ma trovi in fretta qualcuno da cui farsi convincere a risparmiare quel poco che resta delle alberature di viale Mazzini.
Sicurezza permettendo, naturalmente. Forse lo deve ai cittadini di Latina, stavolta tutti.