Ci risiamo. Anzi, è sempre peggio. L'avanzata prepotente della primavera e qualche pioggia di questi ultimi giorni hanno trasformato in boschetti e foreste di erbacce gli spazi verdi della città. Tutti, dal centro alle periferie. I possessori di cani sanno di cosa parliamo, perché in questo periodo di clausura generale sono tra i pochi che abbiano la possibilità di uscire per portare a spasso il loro amico a quattro zampe. In Comune, come è tradizione dell'amministrazione Coletta, la rituale gara d'appalto europea frazionata per lotti è ancora in fase di espletamento, benché siamo ormai arrivati alle porte di maggio, e ad essere realisti, se in Piazza del Popolo si daranno una mossa, i primi interventi radicali con sistemi poco ortodossi, parliamo della trinciatura, si potranno avere non prima della seconda metà di maggio. Siamo abituati al degrado, ma stavolta ci siamo superati. In piena crisi da coronavirus, con le aziende ferme, i dipendenti cassaintegrati e una previsione nerissima del prossimo futuro economico del Paese e dunque anche del nostro territorio, al sindaco e nemmeno a qualche assessore è venuto in mente di agire nel modo in cui uno stato di emergenza richiede, e dare un taglio, prima che all'erba, alla cantilena insopportabile con cui si contrabbanda la bieca burocrazia per legittimità assoluta. Quale momento migliore per dare corso, nel pieno rispetto della legge, al sistema dell'affidamento diretto, che consente di utilizzare per un determinato servizio fino a 150.000 euro? Si potevano chiamare cinque ditte di Latina, un po' di campanile non guasta, oppure dieci dell'intera provincia, e affidare a ciascuna una porzione di verde da manutenere fino a espletamento della gara, che prevede l'utilizzo di un massimo di 2,9 milioni di euro ad un minimo di 1,7 milioni.