Tre anni di reclusione e un risarcimento danni nei confronti della parte civile pari a 50mila euro, di cui 20mila a titolo di provvisionale. Questa la decisione, in primo grado, del giudice del Tribunale di Latina Giuseppe Cario nei confronti di Giovanni Scavazza, chiamato a rispondere dei reati di tentato incendio, detenzione abusiva di munizioni e minaccia aggravata a pubblico ufficiale per l'intimidazione ai danni del Parco nazionale e dei carabinieri forestali. Fatti, questi, risalenti a giugno dello scorso anno.

L'Ente Parco, tramite l'avvocato Luigi Giuliano del foro di Roma, si è costituito parte civile. Ad assistere l'imputato, nei cui confronti era stato disposto il giudizio immediato e che ha scelto di essere processato con l'abbreviato, gli avvocati Gaetano Marino e Giampiero Vellucci. Il pubblico ministero aveva chiesto la condanna a quattro anni; il giudice lo ha condannato a tre anni. La difesa, in udienza, ha chiesto anche la revoca della misura degli arresti domiciliari cui è attualmente sottoposto il 68enne. Il giudice si è riservato.

I fatti di cui Scavazza era chiamato a rispondere risalgono a giugno del 2019, quando - nella notte fra il 23 e il 24 - attorno alla sede dell'Ente Parco era stato sparso liquido infiammabile contenuto in tre taniche poi rinvenute sul posto. Successivamente, in fase di interrogatorio di garanzia, l'uomo aveva detto di voler compiere un gesto eclatante con eco mediatica, senza però voler davvero incendiare l'immobile. Oltre alle taniche di benzina, nello spiazzo davanti all'edificio era stata lasciata anche una lettera contenente delle cartucce da caccia indirizzata al luogotenente Alessandro Rossi, comandante dei carabinieri forestali di Sabaudia.

Le indagini condotte dai carabinieri, grazie anche agli accertamenti del Ris, avevano portato in pochi mesi a trovare «un profilo genetico maschile» da definire e delle impronte papillari. Il giudice aveva quindi emesso un'ordinanza di prelievo coattivo nei confronti di Scavazza, che ha poi deciso di farsi interrogare ammettendo i fatti contestati, dicendo di aver agito da solo e lamentando un'asserita condotta persecutoria nei confronti dell'attività sul lungomare gestita dal figlio. Una delle attività rientranti nei controlli che hanno caratterizzato la stagione estiva dello scorso anno a Sabaudia e che hanno portato a diversi sequestri. Dopodiché, a fine settembre del 2019, l'arresto del 68enne in ottemperanza all'ordinanza di custodia cautelare in carcere, misura poi "attenuata" con i domiciliari per i quali la difesa ha chiesto ora la revoca. Ieri, infine, la sentenza di condanna di primo grado. Una volta depositate le motivazioni, la difesa valuterà un eventuale ricorso in Appello.