Cinquecento euro. A tanto ammonta il compenso che R. R. - 52enne romano spesso di stanza ad Ardea - ha incassato da N. V. (64enne romano) per appiccare il fuoco allo stabilimento balneare "Il Tritone" di Lavinio. Un fatto messo in atto per favorire F. P. (47enne di Nettuno), che nel 2019 e in anni precedenti al 2018 ha gestito il lido, nell'aggiudicarsi l'asta bandita dall'Agenzia nazionale per i Beni confiscati, inducendo gli altri concorrenti a rinunciare a presentare offerte.

È questo quanto emerge dalle carte dell'inchiesta che ha portato all'arresto di coloro che sono ritenuti il mandante (N. V.) e l'esecutore materiale del rogo (R. R.) del 25 marzo 2019, ma anche dell'ex gestore del lido (F. P.) e di due poliziotti in servizio al commissariato di Anzio (C. D. e M. F., entrambi 47enni), questi ultimi accusati a vario titolo di rivelazione di segreti d'ufficio e corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio. Tutti sono ai domiciliari.

L'inchiesta, lo ricordiamo, è iniziata subito dopo l'incendio di Lavinio, con i poliziotti del commissariato di Anzio che avevano recuperato dei reperti utili a rintracciare l'identità di chi aveva appiccato il rogo: due scontrini emessi ad Ardea. Dalle telecamere di uno dei negozi, nell'orario compatibile con quello della ricevuta fiscale, è stata intercettata l'auto in uso a R. R., il cui tracciato gps, nel giorno e nell'ora dell'incendio, finiva proprio sul Lungomare Enea. E questo luogo è anche quello della cella telefonica agganciata dallo smartphone dell'uomo.

La svolta
Sottoposto a perquisizione, il 52enne ha deciso di collaborare e, alla presenza del suo avvocato, ha ammesso di aver incendiato "Il Tritone" su commissione di N. V. per agevolare in qualche modo l'aggiudicazione dell'asta in favore di F. P., inducendo gli altri concorrenti a rinunciare a presentare offerte. Il rogo doveva essere addirittura più grave, al fine di consentire alla donna di gestire per più anni il lido proprio per compensare le spese di riparazione. L'azione incendiaria è stata documentata con un video inviato dall'uomo al presunto mandante, che gli avrebbe promesso e poi elargito in più rate la somma di 500 euro quale compenso per il gesto compiuto.