Fu una vera fornitura per catering e non un favore per consentire a Luciano Iannotta di pagare un'azione estorsiva. Così Franco Cifra, il barista accusato di aver aiutato appunto Iannotta nell'estorsione in danno di un manager, si è difeso ieri mattina davanti al gip Antonella Minunni, che ha ordinato gli arresti dell'inchiesta «Dirty glass».

Ha parlato per quasi un'ora Cifra, assistito dal suo legale, l'avvocato Maria Antonietta Cestra, e ha fornito una versione molto diversa da quella contestata dalla Direzione distrettuale che, invece, sostiene che quella fornitura non c'è mai stata e che fu un escamotage la relativa fattura alla Pagliaroli spa, riconducibile a Iannotta, il quale fece il bonifico a Cifra. In seguito questi incassò la somma trattenendo solo 500 euro per pagare l'Iva, consegnando il resto a Renato Pugliese e Agostino Riccardo, i quali materialmente avevano fatto un'attività estorsiva che gli stessi confesseranno di lì a qualche mese, quando diventeranno collaboratori di giustizia.

Dunque per il pasticcere indagato e ai domiciliari fu una vera fornitura, per la pubblica accusa un'operazione inesistente da qui ricavare il provento dell'azione illecita. Al termine dell'interrogatorio l'avvocato Cestra ha depositato istanza di scarcerazione, il gip si è riservato in attesa del parere del pm, rappresentato dal sostituto procuratore Spinelli. Sempre ieri mattina è stato sentito il maresciallo Michele Carfora Lettieri accusato di aver effettuato accessi allo Sdi per vedere se c'erano indagini in corso su soggetti indicati da Luciano Iannotta in cambio di utilità. Il carabiniere, difeso dall'avvocato Giammarco Conca, ha ammesso di aver sottratto informazioni coperte da segreto istruttorio ma ha negato di aver ricevuto in cambio favori o regalie da Iannotta.