Quando ancora non era emerso un quadro indiziario completo e soprattutto prima che venisse consumato il terzo attentato, quello ai danni del sindaco Giuseppina Giovannoli, sono state le spontanee dichiarazioni di un detenuto a fornire la conferma che la pista imboccata fosse quella giusta. A parlare, confermando l'identità degli esecutori materiali del primo attentato, è stato un rapinatore siciliano complice di Gianni Bernardi, il latinense che aveva materialmente appiccato il primo dei due incendi ai danni del vice sindaco Maria Marcelli, quello del 7 febbraio.

L'inchiesta ha rivelato che il promotore degli attentati, Giuseppe Gentile, si era servito di Emanuel Poli per il lavoro "sporco". E quest'ultimo, in una prima fase, aveva trovato il sostegno di Gianni Bernardi, cognato della sua compagna Angela Toti. Proprio in quel periodo, però, Bernardi aveva messo in piedi una "batteria" con due siciliani per consumare una serie di rapine. Giusto al termine di una scorribanda serale, ovvero dopo avere messo a segno due colpi a mano armata a Borgo Piave e nel centro di Latina, la sera del 17 febbraio venne arrestato dalla Polizia proprio Bernardi, che aveva partecipato alle azioni criminali con la propria auto, la stessa Alfa Romeo 147 utilizzata per l'attentato di dieci giorni prima, riconosciuta poi dai Carabinieri di Sermoneta.

Dopo un'indagine lampo della Questura, i primi di marzo erano stati arrestati anche i due rapinatori sodali di Bernardi, uno dei quali, Francesco Castellese, decide di collaborare con gli inquirenti e, oltre ai particolari sui colpi messi a segno, fornisce una carrellata sui fatti che ha vissuto durante la sua trasferta nel territorio pontino. Proprio Castellese ha raccontato che un mese prima, Bernardi lo aveva raggiunto insieme a Emanuel Poli e in quell'occasione entrambi avevano proposto di accompagnarli a Sermoneta per incendiare l'autovettura di un assessore del Comune, senza però specificare il motivo del gesto.

LE INTERCETTAZIONI AMBIENTALI

Dalle conversazioni, soprattutto quelle intercettate all'interno della sua auto durante le chiacchierate con le persone a lui più vicine, Pino Gentile si lascia andare e svela tutto l'odio che nutre nei confronti di sindaco e vice sindaco, un sentimento che sembra montare col trascorrere del tempo. Eloquente ciò che rivela a un suo conoscente, riferito al primo cittadino di Sermoneta: «Cioè il rispetto... (insulti)... me so messo tutto jo munno contro per farti la campagna (elettorale, ndr), ecco so arrivato qua (omissis), arrivo qua essa stava a camminà avanti avanti, io arrivo qua per fare marcia indietro qua "non ho parole!", ci stava (omissis) ci voleva dire ao ma vattene a... e infatti (omissis) ogni tanto sclera eh, io invece ho detto ma lascia sta, non te sta a preoccupà».
Mentre in un'altra conversazione con lo stesso amico, Gentile, parla così della vice sindaco, con tono compiaciuto per l'effetto delle azioni organizzate: «Ah fa l'arrogante ancora Maria? Io saccio che se sta a cagà sotto, la notte non dorme più, così m'hanno detto».
Un sentimento tanto forte che, agli inizi di giugno, Giuseppe Gentile è pronto per programmare un altro attentato ai danni di Giuseppina Giovannoli. Ne parla con Poli, cercando di capire con che vettura il sindaco ha rimpiazzato la macchina bruciata e dopo avere constatato che utilizza un veicolo del padre, l'imprenditore afferma: «Allora aspettamo che se fa quella nuova». Poi addirittura pensano di bruciarle la casa.