Nel calderone di coloro che negli anni si sono rivolti al clan di Armando Di Silvio per il recupero sbrigativo dei crediti ci sono dei commercialisti. E la traccia di questo filone è sfuggita, letteralmente, fino a quando non ne ha parlato il pentito Agostino Riccardo, nell'udienza in cui è stato sottoposto al controesame delle difese in Alba Pontina. In pratica ha riferito che faceva delle estorsioni per conto di commercialisti che avevano crediti con clienti, commercianti per lo più. Dalle trascrizioni del dibattimento si evince con chiarezza che su questo punto specifico sono tuttora in corso delle indagini ed è il motivo per cui in un primo momento, in aula, il pubblico ministero fa opposizione sul fatto che il collaboratore di giustizia possa riferire su una verifica coperta dal segreto istruttorio e d'altro canto lo stesso Riccardo chiede se può rispondere su un simile argomento.
Schermaglie d'aula a parte, però, la descrizione del fenomeno è talmente precisa da rimandare ad un'immagine di Latina già emersa in questo processo e in altre inchieste, ossia di una città che aveva sdoganato gli zingari e dato loro la patente ufficiale di mediatori, banchieri ed esattori. Che lo facessero illegalemente era un altro conto. Ecco cosa succede in un passaggio dell'interrogatorio della difesa a Riccardo: «Chi sarebbero questi commercialisti e che cosa significa avere contatti con i commercialisti per le estorsioni?», chiede l'avvocato Oreste Palmieri, difensore di Armando Di Silvio.
«Avvocato i nomi dei commercialisti non so se li posso pare, Presidente, ci sono le indagini aperte. - risponde Agostino Riccardo, collegato da una località protetta - Io conoscevo commercialisti, erano loro che mi passavano i recuperi crediti e le estorsioni da fare tra commercianti che avevano dei debiti pregressi di dare e avere da commercianti. Io la storia la passavo ad Armando e gli dicevo ‘Arma' guarda ho questo recupero qua, ho questa estorsione qua da fare', e lui decideva quale figlio mandare».