«La situazione di sovraffollamento dei pronto soccorso è nota a tutti, ma in quello del Santa Maria Goretti non viene messa a repentaglio la salute degli operatori che lavorano in sicurezza, c'è infatti una netta distinzione tra aree Covid e non Covid». Lo hanno precisato con un'apposita nota la dottoressa Rita Dal Piaz, Direttore Uoc (Unità complessa) del ps del capoluogo e la dottoressa Roberta Biaggi, direttore facente funzione UOC Professioni Sanitarie Dipartimento Rete Ospedaliera, in risposta all'articolo pubblicato sul nostro giornale che ha dato risalto alla richiesta firmata dai "Team leaders" (i capi turno che coordinano il lavoro infermieristico) e dalla caposala del ps, inviata il 5 novembre al responsabile del pronto soccorso stesso, Sergio Parrocchia, e al direttore generale dell'Asl Giorgio Casati, in cui si sottopone all'attenzione dell'azienda sanitaria locale «l'insostenibile condizione di lavoro ed il venir meno delle norme di sicurezza che gli operatori del pronto soccorso stanno vivendo quotidianamente - si legge nel documento dei Team leaders - per la forte ondata di afflusso di malati Covid afferenti all'ospedale».

Va da sé che, in queste ore, sia in corso un dibattito interno al pronto soccorso del Goretti. «Si precisa che nelle aree Covid gli operatori accedono dopo aver indossato tutti i DPI idonei nelle zone adibite alla vestizione e quando escono dall'area Covid utilizzano le aree dedicate alla svestizione», hanno aggiunto nella nota di replica le dottoresse Dal Piaz e Biaggi. Non sono dello stesso avviso i Team leaders, però, che hanno evidenziato come «Il personale con enormi sforzi ed un carico di lavoro insostenibile cerca affannosamente di portare a termine la propria opera e contemporaneamente difendere la propria salute - si legge ancora nella richiesta di intervento dei capi turno indirizzata alla Asl - Sì, anche di salute, visto che questo allucinante affollamento pone a severa prova la sicurezza degli operatori sul possibile contagio. Non esistono di fatto più "zone cosiddette pulite". Questo rende inutile per gli operatori il sistema di vestizione e svestizione. Siamo allo stremo delle forze».
C'è chiaramente una differenza di vedute all'interno del ps del Goretti.

Alla base della questione c'è anche la mancanza di personale. «Sicuramente il carico di lavoro in queste circostanze è gravoso, ma sono encomiabili professionalità e spirito di abnegazione di tutti gli operatori nel prestare le cure a tutti i pazienti. L'Azienda sta operando in maniera continuativa nell'assunzione di personale per rinforzare gli organici», termina così la replica inviata al nostro giornale dalle dottoresse Dal Piaz e Biaggi.

In merito è bene precisare alcuni punti. Va ricordato, infatti, che lo scenario attuale che si vive al Santa Maria Goretti è molto diverso rispetto a quello del lockdown, quando la struttura del capoluogo figurava tra i 9 Hub della regione: in quel caso al nosocomio di Latina vennero liberati 250 posti destinati esclusivamente a malati Covid, la Regione inviò numerose attrezzature (per esempio ventilatori e caschi Cpap) e soprattutto molto personale per dare manforte a quello del Goretti. Adesso, invece, non è così: la realtà è ben diversa. L'ospedale ora deve far leva soltanto sulle proprie forze e questo sta causando i problemi che tutti conosciamo. E, di conseguenza, si crea un maggior bisogno di personale per rinforzare gli organici. Un altro importante aspetto da segnalare è che nel periodo del lockdown il Goretti chiuse di fatto tutti gli altri reparti, cosa che non succede adesso perché è stato deciso di preservare anche gli altri pazienti. Ma proprio per cercare di accogliere il sempre maggior numero di pazienti Covid che necessitano di cure ospedaliere, oggi sarà liberato anche il reparto Spdc, al piano terra, tra il pronto soccorso e la cappella, per destinarlo ai malati di Coronavirus.