Centinaia di computer sequestrati e una "montagna" di documenti aziendali. È il volume degli indizi raccolti dagli investigatori della Polizia per documentare le manovre illecite finalizzate al riciclaggio di fondi neri gestito attraverso le società di Luciano Iannotta. Elementi che fanno emergere un vero e proprio sistema, con una regia qualificata a monte, sfuggito in un primo momento all'inchiesta che due mesi fa aveva portato agli arresti dell'operazione Dirty Glass.

A tracciare il solco per quello che ha tutta l'aria di essere un nuovo filone investigativo, è stato il lavoro dell'amministratore giudiziario delle società sequestrate a Iannotta. È stata proprio la dottoressa Francesca Sebastiani a trovare le tracce di qualcosa che fino a quel momento non era emerso nel corso delle indagini, vale a dire false comunicazioni sociali e fatture per operazioni inesistenti, tra le stesse società controllate dall'imprenditore di Sonnino. Elementi che, abbinati alle dichiarazioni rese dall'ex collaboratore di Iannotta, il manager Natan Altomare, indagato anche lui, hanno paventato appunto una realtà più complessa, tanto da richiedere il decreto di perquisizione e sequestro scattato mercoledì.

Tra i documenti acquisti dagli investigatori di Squadra Mobile e Divisione Anticrimine della Questura di Latina, col supporto dei poliziotti delle diverse province dov'erano collocate le sedi legali e operative delle dodici società in ballo, sono già emersi elementi che consentono di tracciare il flusso dei capitali di provenienza illecita. Sembrano emergere profili di auto riciclaggio, attraverso la cessione fittizia di proprietà e immobili. Il coinvolgimento poi di contabili e un commercialista che fino a due giorni fa erano estranei alle indagini, lasciano intravedere appunto la sistematicità delle condotte illecite. Anche e soprattutto perché il professionista è già noto, agli inquirenti, per reati societari.