La testimonianza è stata tanto toccante quanto drammatica. Nei giorni scorsi in aula in Tribunale a Roma ha deposto la madre di Marco Grandeforte, il bambino di quattro anni precipitato nella tromba dell'ascensore della metropolitana a Roma alla stazione di Furio Camillo nel luglio del 2015. Sul banco degli imputati con l'accusa di omicidio colposo c'è un dipendente dell'Atac che aveva tentato di aiutare il piccolo. L'uomo, F.M., queste le sue iniziali 38 anni, secondo quanto ipotizzato dalla Procura di Roma e sulla scorta delle indagini condotte, non era autorizzato a compiere la manovra di soccorso: aveva aperto una piccola porta da cui poi il bambino è precipitato nel vuoto facendo un volo di oltre dieci metri e morendo sul colpo.

Davanti al giudice monocratico del Tribunale di Roma Massimo Di Lauro, la donna che è originaria di Latina e che si è costituita parte civile ed è rappresentata dall'avvocato Amleto Coronella, ha ricostruito quei momenti terribili raccontando i fatti a partire da quando era scattato l'allarme dopo che era rimasta chiusa nell'ascensore insieme al bambino: all'interno la temperatura era molto alta anche per il grande caldo che c'era quel giorno.

La madre di Marco ha spiegato che erano trascorsi almeno trenta minuti da quando era scattato l'allarme e che poi un dipendente dell'Atac si era attivato entrando in un altro ascensore e togliendo un pannello da cui poi il piccino è caduto. La testimonianza ha ricalcato quello che la donna aveva rilasciato agli investigatori subito dopo il dramma: aveva il passeggino, aveva preso l'ascensore per scendere dalla strada al livello dei tornelli, lei e il bimbo poi sono rimasti chiusi all'interno e ha chiesto aiuto con la procedura prevista in questi casi.