Due giorni consecutivi sotto la soglia dei duecento casi positivi sembrano confermare un allentamento della pressione del Coronavirus Covid-19 nella nostra provincia. Dopo i 149 contagi di venerdì, ieri la Asl di Latina, nel consueto report quotidiano dell'emergenza sanitaria, ne ha annunciati 122, con i picchi maggiori nel capoluogo, 28 casi, e ad Aprilia, 24, mentre a Terracina, dove dopo un incremento consistente di positivi si era anche valutata l'ipotesi, poi accantonata, di chiudere le scuole, se ne sono registrati 4.

E fin qui le note "liete" della pandemia territoriale, perché sul fronte dei decessi la situazione è di tutt'altro tenore. Il Covid, infatti, continua a mietere vittime, o comunque a incidere in maniera considerevole sui pazienti affetti anche da altre patologie. Ieri sono state 7 le vittime segnalate dall'Azienda sanitaria locale pontina: due pazienti residenti a Cisterna e gli altri a Latina, Terracina, Gaeta, Formia e Minturno (72, 79, 81, 86, 90, 91 e 98 gli anni dei deceduti). Un numero cospicuo che ha fatto lievitare il conteggio complessivo provinciale da inizio pandemia a quota 172.

E non è certo un mistero che a contribuire sul dato dei decessi, anche per l'età dei "pazienti-ospiti", ci siano state le vittime registrate nelle strutture per anziani come case di riposo e Residenze sanitarie assistenziali. Come noto, in questo senso, c'è un'indagine in corso sulla Rsa di Cori, partita dalla denuncia dei familiari di una delle 18 vittime per Covid, che è salita alla ribalta delle cronache prima per un cluster importante (85 positivi) e poi proprio a causa dei numerosi decessi registrati a novembre.

L'assistenza socio-sanitaria integrata sui territori è, non a caso, uno dei punti che risaltano nel più recente rapporto del Censis, una fotografia a livello nazionale che sottolinea, sulla questione specifica: «il fallimento della residenzialità socio-sanitaria e socio-assistenziale per gli anziani - si legge - è stato uno dei capitoli più drammatici dell'emergenza sanitaria». Secondo il Censis, gli italiani erano ben coscienti della situazione: «il 66,9% - si osserva nel rapporto - sapeva che tante case di riposo non garantivano agli ospiti adeguati standard di sicurezza e di qualità della vita». Lo stesso documento, di fatto, lascia intendere quali dovranno essere le linee da seguire da adesso in poi: «Nel post Covid-19 - osserva il Censis - diventa prioritario attivare reti integrate di sostegno territoriale per affiancare le famiglie troppo spesso lasciate sole nell'assistenza di malati cronici o non autosufficienti. La soluzione passa attraverso la figura dell'infermiere di comunità o di famiglia. Ben il 91,4% degli italiani la ritiene la soluzione migliore per l'assistenza e la cura di persone bisognose di terapie domiciliari e riabilitative»