Non sembra intaccare la credibilità di Agostino Riccardo, tantomeno la tenuta delle inchieste che ha permesso di blindare, ma resta pur sempre insidiosa la vicenda dell'omicidio di Benevento risolto grazie alle sue dichiarazioni, delegittimate ora da un nuovo collaboratore di giustizia che accusa l'ex criminale pontino di essersi messo d'accordo con un altro detenuto campano, poi pentitosi anche lui, sulle informazioni da pronunciare a carico del killer, compagno di cella di tutte e tre le "gole profonde" prima del loro passaggio dalla parte dello Stato. Insidie alimentate dalle condotte e dallo stile di vita istrionico che hanno sempre caratterizzato Agostino Riccardo.
Perché se da un lato l'ex affiliato di Travali e Di Silvio potrebbe di essere finito al centro di un fuoco incrociato tra pentiti di sodalizi criminali diversi, non è poi del tutto improbabile l'ipotesi della congiura che lui e gli altri detenuti avrebbero messo in piedi per accrescere la loro credibilità agli occhi dei magistrati dell'Antimafia, in prospettiva della loro eventuale collaborazione con la giustizia. O almeno non è una ricostruzione del tutto improbabile.

Dopo tutto Agostino Riccardo ha iniziato a riferire fatti e circostanze a partire dai primi di luglio del 2018, mentre l'accordo con gli altri detenuti risale all'anno prima. Ma non è un azzardo immaginare che il 38enne di Latina stesse già progettando il proprio futuro un anno prima del pentimento. Perché nel frattempo aveva deciso di collaborare con la giustizia Renato Pugliese, 33 anni, ovvero colui con il quale aveva condiviso gli ultimi anni di crimini, transitando dal gruppo dei fratelli Travali al clan emergente dei Di Silvio, quello della famiglia di Armando detto Lallà.
Avendo condiviso molto, in quegli anni, con Renato Pugliese, alla notizia del suo pentimento Agostino Riccardo doveva aspettarsi una serie di accuse rivolte nei suoi confronti. Così come sapeva che l'ex "socio" e amico era stato un informatore della Polizia a cavallo del loro passaggio da un sodalizio criminale e l'altro, quindi le prime inchieste potevano arrivare per i reati da loro commessi tra i ranghi del clan Di Silvio. Insomma, era nelle corde di un personaggio del calibro di Riccardo immaginare la collaborazione con la giustizia già prima di finire sotto il fuoco amico dell'operazione Alba Pontina.