La determinazione e la pericolosità che gli investigatori della Polizia hanno riconosciuto in Janet Zouabi, la tunisina di 35 anni arrestata per avere fiancheggiato il terrorismo islamico, hanno trovato una serie di riscontri nei suoi comportamenti quotidiani, nei gesti osservati per mesi dalla Digos prima di passare all'azione, vale a dire la perquisizione nel suo alloggio del Palazzo di Vetro.
La donna radicalizzata trascorreva molto del suo tempo dentro casa, ma non disdegnava la socializzazione con i vicini e i commercianti della zona. Secondo gli investigatori era abile a portare avanti la propria missione con i modi suadenti che più di qualcuno ci ha confermato anche tra i residenti. I detective hanno contezza che la donna avesse agganciato almeno un paio dei senegalesi che abitano nel suo stesso condominio, uomini che vivono in condizioni di degrado assoluto, come dimostrano i frequenti interventi delle forze dell'ordine e le lamentele degli altri inquilini. Alcuni di loro sono venditori ambulanti, gli altri vivono di espedienti.
I poliziotti hanno riscontrato che la tunisina molto spesso si intratteneva a parlare con alcuni di quei senegalesi. Una cosa talmente evidente che non è sfuggita neppure agli altri residenti: uno di loro ci conferma di avere visto la donna parlare a lungo, sotto casa, proprio con uno degli uomini di colore. Una circostanza tanto frequente e consolidata, che qualcuno ha persino pensato ci fossero dei collegamenti tra loro, e ora che la donna è stata arrestata in molti hanno maturato la convinzione che appartenessero alla stessa organizzazione. Probabilmente non è così, ma è sintomatico della missione portata avanti da Janet, che a quanto pare non era impegnata solo sui social network nella campagna di proselitismo della jihad di cui viene accusata.