Che si sia trattato di una vendetta oppure dell'eliminazione di un testimone scomodo, lo scenario dell'esecuzione premeditata e organizzata non cambia, ma la scelta dell'una o l'altra ipotesi sarà determinante per il successo delle indagini dei carabinieri. E nell'una e nell'altra ipotesi il fulcro investigativo è lo stesso: la morte di Erik D'Arienzo, il 28enne morto nel settembre scorso a causa delle lesioni riportate nel corso di un durissimo pestaggio subito la sera del 29 agosto.

E quella sera, i soccorritori chiamati sul posto, accanto a Erik D'Arienzo riverso a terra privo di sensi avevano trovato Fabrizio Moretto, il quale aveva riferito ai carabinieri arrivati insieme all'ambulanza che il ragazzo ferito era accidentalmente caduto dallo scooter mentre percorrevano la Pontina, nei pressi dell'incrocio con la Migliara 47 a Borgo San Donato.

Una tesi mai ritrattata da Moretto, ma che all'esito dell'esame necroscopico effettuato dal medico legale all'indomani della morte di Erik D'Arienzo era diventata non soltanto poco credibile, ma addirittura insostenibile, perché il corpo della vittima conservava i segni di un pestaggio molto violento.

Le indagini sulla morte di D'Arienzo, rubricata come omicidio, sono ancora in corso e a carico di due indagati, uno dei quali era proprio Moretto. Ed è scontato che se la sera del 29 agosto scorso c'è stato un pestaggio, Fabrizio Moretto potrebbe esserne stato testimone. Se così è stato, perché non è stato pestato anche lui insieme al giovane amico? E soprattutto, dopo la morte del ragazzo avvenuta il 5 settembre e l'avvio di un'inchiesta per omicidio, perché gli autori del pestaggio avrebbero dovuto rischiare che gli inquirenti potessero giungere fino a loro attraverso quel testimone?

E lui, Fabrizio Moretto, che l'altro ieri, qualche ora prima di essere ucciso se ne stava tranquillamente seduto in un bar di Sacramento, non temeva di essere diventato un testimone scomodo e ingombrante?
L'altra ipotesi percorribile è che Fabrizio Moretto non abbia assistito al pestaggio dell'amico, ma che sapesse comunque dove si trovava e con chi, cosa che gli avrebbe consentito di raggiungerlo e di chiamare i soccorsi. Se è così, è molto probabile che lo stesso Moretto abbia accompagnato Erik D'Arienzo da coloro che lo avrebbero pestato a morte, magari piegandosi a delle minacce di ritorsione nel caso non lo avesse fatto. Questa eventualità lo avrebbe reso compartecipe della morte dell'amico, e dunque «protetto» sul versante di eventuali ritorsioni da parte degli autori del pestaggio.

Ma un tradimento del genere lo avrebbe invece esposto al pericolo di diventare bersaglio di chiunque avesse voluto vendicare la morte di Erik D'Arienzo.