Agostino Riccardo ebbe l'incarico di bruciare le auto dell'avvocato Paolo Censi pochi giorni prima del suicidio. Era una richiesta di Pasquale Maietta, arrivata per il tramite di Giovanni Fanciulli che dell'ex onorevole risulta essere stato uno dei prestanome. E' uno scenario sinora non emerso ma che è riportato in modo crudo, e purtroppo molto dettagliato, nel verbale reso dal pentito del clan Di Silvio a ottobre del 2018 alla Dda di Roma. Affermazioni ritenute assai attendibili ma che non hanno avuto alcun riscontro concreto, posto che pochi mesi dopo, a marzo del 2019, il gip del Tribunale di Latina ha archiviato il fascicolo del caso Censi ritenendo, come da conforme conclusione del pubblico ministero, che non fosse possibile configurare l'istigazione al suicidio.
Ciò nonostante è proprio l'ordinanza di archiviazione a fornire il quadro più inquietante mai uscito sul quel tragico gesto del 23 dicembre del 2015. Secondo quel provvedimento l'avvocato Paolo Censi qualche giorno prima del suicidio fu «pesantemente intimidito, con la prospettazione di minacce ai suoi familiari in relazione ad incarichi ricevuti i da soggetti poco raccomandabili». In fondo è ciò che si è sempre sospettato, ma adesso a confermarlo c'è un atto giudiziario che è in procinto di entrare nel dibattimento di «Arpalo», il delicato processo per riciclaggio legato ai soldi del Latina calcio che riprende il prossimo 16 febbraio.
Nessuno ha ucciso il noto penalista alla vigilia di Natale di cinque anni fa, né alcuno lo ha indotto al suicidio. Però ci sono dei passaggi nell'archiviazione che danno i brividi e che restituiscono la storia di un professionista vittima di quel pressing criminale più volte visto in altri processi di Latina. Il nodo al fondo di tutto era una questione di denaro. O meglio un incarico legale probabilmente legato ad un passaggio di denaro, storia nella quale Censi aveva la veste di consulente professionale e dunque nessun coinvolgimento personale, non provato finora almeno.