Alla ricerca delle armi improprie utilizzate per uccidere Erik D'Arienzo, non sono state soltanto le risultanze dell'autopsia ad avere suggerito, agli investigatori dei Carabinieri, il sequestro di attrezzi da lavoro in casa di Fabrizio Moretto detto Pipistrello, il cinquantenne freddato con un colpo di pistola tre giorni prima di Natale. È riemersa infatti una segnalazione che i detective dell'arma non hanno dimenticato, una circostanza che risale alla stessa sera in cui il ventottenne fu trovato in fin di vita sulla Pontina, quando qualcuno allertò le forze dell'ordine dopo avere notato, nel buio, due persone sospette che si aggiravano lungo la statale con bastoni in mano, forse una pala o un piccone.

Gli investigatori hanno sicuramente approfondito quella segnalazione, giunta poco prima, se non contestualmente, alla richiesta d'aiuto per il ritrovamento di Erik D'Arienzo sul bordo della strada. A fare la seconda, ai soccorritori, era stato lo stesso Fabrizio Moretto, che sin dal primo momento aveva parlato di una caduta accidentale dell'amico dal proprio scooter, un Tmax Yamaha. E proprio nei giorni successivi, quando avevano iniziato a gonfiarsi i sospetti che il ventottenne non si fosse ferito per una banale caduta, ma fosse rimasto vittima di un brutale pestaggio, quella segnalazione dei due uomini sospetti lungo la Pontina ha iniziato a prendere consistenza.

Un legame, tra le due cose, agevolato successivamente dall'autopsia. Dopo tutto il medico legale ha confermato che Erik D'Arienzo, morto dopo una settimana di coma, era stato colpito da oggetti contundenti: in ospedale era arrivato con profonde ferite alla testa, volto compreso, e una ferita anche al braccio sinistro. Insomma, è forte il sospetto che il ragazzo, caduto probabilmente in un tranello, sia stato aggredito con armi di fortuna, quello che gli aggressori hanno trovato, magari con l'intento di non girare con armi vere.
La posizione assunta da Fabrizio Moretto, testimone tutt'altro che sincero, smentito appunto dai riscontri autoptici, non ha fatto altro che convergere sulla sua persona i sospetti di un coinvolgimento più o meno diretto nel pestaggio dell'amico. E gli investigatori non solo ritengono che possa avere contribuito per tendergli il tranello, ma non escludono appunto che abbia fornito il sostegno logistico agli autori materiali dell'aggressione, una vera e propria spedizione punitiva. A quanto pare per un debito di droga da poche centinaia di euro.