Gli attentati incendiari e con l'utilizzo delle armi e gli atti intimidatori, come si ricorderà furono diversi, tanto che furono prese di mira agenzie di onoranze funebri, case di titolari di aziende, esercizi commerciali ed anche mezzi di lavoro. Le indagini di Anni 2000 non hanno portato alla scoperta dei responsabili dei vari episodi, ma su alcuni gli inquirenti hanno chiarito i fatti. Una scia di episodi che si verificarono con continuità, tanto da destare preoccupazioni e timori nelle comunità, che hanno rivissuto il periodo dei famosi "Anni 90". Ieri gli arresti, ben 19, di quello che è da considerarsi secondo gli inquirenti  un clan di stampo mafioso che operava prevalentemente nel sud pontino. Tra questi spunta anche il nome di una donna, Maria Carmina Messore. 

Bionda, nemmeno quarantenne, moglie affettuosa ma con determinazione da vendere. Maria Carmina Messore ha molte delle caratteristiche delle donne di mafia ed è comunque il personaggio che scaraventa questa inchiesta ai bordi delle elezioni amministrative nel Comune di Minturno, quelle del 2016. Di lei il gip scrive che «interveniva nella competizione elettorale per il rinnovo della carica di sindaco del comune di Minturno nelle elezioni del 2016 imponendo la volontà del clan in ordine alla affissione dei manifesti elettorali». Già, perché un giorno, Marika, come si fa chiamare da tutti, scopre che sono stati staccati i manifesti di uno dei candidati e si arrabbia moltissimo, tanto da raggiungere in un bar alcuni attacchini e rimproverarli come si deve. In fondo qualcuno si era rivolto proprio a lei per lamentarsi di problemi sull'attachinaggio. In specie, il 15 giugno del 2016 il sostenitore di uno dei candidati a sindaco chiede aiuto alla donna e al marito, Vincenzo De Martino (nipote di Antinozzi). Il supporter Tommaso R. si lamenta con Marika perché alcune persone rimaste ignote avevano strappato i manifesti del «suo candidato».

Lei risolverà il problema a modo suo. Ed ecco come lo racconta a cose fatte: «... è successo un bordello... sono venuti al bar a chiamarmi che certa gente aveva stracciato i manifesti .. certi guaglioni .. appena se ne sono andati dal bar so' partita e sono andata a Minturno .. ho acchiappato tutti quanti.... zio Antonio .. zi Antonio è il capoclan .. io sono Marica Messore e non rispondete! Qualsiasi cosa deve passare per là. Punto». In effetti dopo l'intervento della Messore nessuno aveva più osato strappare i manifesti elettorali. Lo dice lei stessa in altra intercettazione: «Dopo una settimana vengono questi grandi e hanno detto: ‘comunque da quando hai chiamato tutti quanti, i manifesti non sono stati più strappati'; sono andata là sopra come una pazza; ho detto chiamatemi tizio, caio, sempronio, senza neanche chiedermi chi sei chi non sei, non hanno più toccato i manifesti .. ho detto: guai .. io passo a controllare. I candidati stessi mi sono venuti a chiamare, sono venuti al bar la mattina e mi hanno detto: ‘vedi che tizio, caio e sempronio hanno stracciato i manifesti .. io sono andata al bar sopra Minturno, sono andata al bar la dietro e....». Marika è fatta così. Sa dove deve andare e cosa chiedere e questo suo ruolo è riconosciuto, al punto che è lei l'interlocutrice unica di Armando Puoti, detto «Zio Armandino», un vecchio vicinissimo ai casalesi, conosciuto in tutto il sud pontino e considerato molto pericoloso. A zio Armandino Marika si rilvolge per fare un favore ad una persona per un problema «su Gaeta».