Avere un'attività economica importante nel sud profondo della provincia di Latina e avere paura di subire un attentato, avere terrore di conseguenze per la propria famiglia. C'è anche questo, in una millimetrica ricostruzione della Procura intervallata da intercettazioni, negli atti dell'inchiesta «Anni 2000». Uno degli imprenditori minacciati viene descritto come «visibilmente scosso» dopo essere stato avvicinato da uno degli emissari di Antonio Antinozzi, il quale gli aveva mandato a dire che doveva «omaggiarlo» con una visita presso la sua abitazione. E che lì avrebbero dovuto parlare. I fatti risalgono a giugno del 2016: Antinozzi cercava un acquirente di uno degli immobili di un parente in carcere, il ricavato (diecimila euro) doveva servire per pagare la parcella del difensore. E' sempre Antinozzi a scegliere l'acquirente, in pratica voleva imporre l'acquisto ad uno degli imprenditore del posto, il quale quando viene avvicinato capisce che la sicurezza sua e della sua famiglia sono a rischio.
E' il 15 giugno del 2016: nel bar del centro del paese l'imprenditore viene avvicinato da un uomo del gruppo, Antonio Reale, il quale dice alla vittima che «deve recarsi» a casa di Antinozzi il successivo 21 giugno per «evitare un dispetto grosso nei suoi riguardi». La minaccia viene presa così seriamente che finisce in un appunto informale dei carabinieri di Formia, i quali annotano anche che l'imprenditore «non intende sporgere querela».
Ecco cosa riferisce l'imprenditore quando viene convocato dai carabinieri pur in assenza di denuncia: «Reale mi ribadì la circostanza di dover andare a fare visita a Trippetta (Antonio Antinozzi ndc) per evitare, come dire, di subire un dispiacere. Mi sottolineò nella circostanza che noi eravamo gli unici a Castelforte che ancora non ci eravamo recati da Trippetta... Ribadì il fatto che ora a Castelforte comandava lui e dovevamo andare da lui per metterci a posto... Per la gente del luogo il nome di Trippetta incute paura. Tutti sanno della sua pericolosità per averlo letto sui giornali o per averlo subito in prima persona...».
Questo passaggio inserito nell'ordinanza, in fondo, dice tutto su Antonio Antinozzi, ma probabilmente dice ancora di più sul clima che gira attorno alle realtà economiche del posto, poche, resistenti e certe volte sole. A giugno del 2016 c'era stata già una scia di attentati, iniziati nel 2013, ma mancavano prove. Non si trovava praticamente nessuno in quell'ultimo miglio della provincia di Latina disposto a mettere la firma sotto ad un esposto denuncia. Un'atmosfera che guidò l'esigenza di avviare intercettazioni telefoniche e ambientali sul gruppo più vicino ad Antinozzi. Con buoni risultati. Prove utili a contestare i reati elencati nell'ultima ordinanza, «Anni 2000» appunto. Ma quanto tempo è passato da allora? E cosa è accaduto a quelle imprese, a coloro che già lavorano nel sud pontino e a quelli che avrebbero voluto lavorarci? La tesi difensiva più praticata in questo momento per tutti gli indagati è quella per cui non sussiste più la pericolosità del sodalizio poiché i fatti contestati sono datati. E' così. E' passato molto tempo, troppo. E non si sa cosa sia accaduto nel frattempo.