Voleva cambiare vita Mario Ascione, il reggente 33enne del clan camorristico di Ercolano arrestato mercoledì sera dai Carabinieri nel centro di Latina. Aveva scelto il capoluogo pontino e aveva già trovato lavoro in una pizzeria, ma cercava un'occupazione stabile e soprattutto voleva mantenersi al di fuori di qualsiasi sospetto. Probabilmente contava di restare a piede libero ancora per un po' di tempo prima che la giustizia facesse il suo corso, ma gli investigatori dei Carabinieri sono al lavoro per capire se realmente il giovane boss intendesse tenersi fuori dai guai, oppure se il suo atteggiamento fosse in realtà una strategia, utile a sviare l'attenzione delle forze dell'ordine mentre si riorganizzava in un territorio neutro.
Fino al giorno della sua cattura, la permanenza nel territorio pontino, in un appartamento di via lago Ascianghi, nel cuore del quartiere dei pub, non aveva fatto registrare neppure una sbavatura. Mario Ascione rispettava l'obbligo di firma recandosi regolarmente in caserma e non si era mai scomposto ogni qual volta carabinieri o poliziotti bussavano alla porta del suo appartamento, per controllare lui - sorvegliato speciale e quindi obbligato a stare in casa nelle ore notturne, evitando contatti con pregiudicati - oppure la madre, ristretta agli arresti domiciliari. Insomma, non aveva mai dato modo a nessuno di percepire la sua caratura criminale.
Certo, il suo poteva essere il comportamento che si addice a un personaggio che ambisce a rivestire un ruolo di primo piano nella criminalità organizzata, ma questo non ha fatto altro che insospettire gli investigatori. Per quale motivo Ascione e la madre avessero scelto Latina, i detective dell'Arma se lo sono chiesto e hanno avviato tutti gli accertamenti necessari per ricostruire la sua rete di contatti nel capoluogo. L'intento primario è capire se stesse covando un piano criminale e, soprattutto, se riusciva in qualche maniera a portare avanti gli affari del clan dal suo ritiro in terra pontina.