In attesa di conoscere l'esito dell'esame stub al quale è stato sottoposto il giovane sospettato di avere esploso colpi d'arma da fuoco dalla finestra di uno stabile di viale Kennedy, domenica sera in direzione di tre automobili piombate a forte velocità nella zona delle case popolari, gli investigatori della Polizia stanno analizzando attentamente il contesto nel quale l'episodio è maturato per capire cosa abbia scatenato quella reazione, ma anche per stabilire chi fossero i destinatari dei proiettili. Un vero e proprio giallo, visto che resta una sommaria descrizione delle vetture svanite nel nulla e non c'è traccia neppure dell'arma utilizzata per metterle in fuga, sebbene le indagini siano indirizzate nel verso giusto: la scena trovata dai poliziotti in quella casa era inequivocabile e ora i detective scavano tra i contatti del giovane indiziato, come tra i suoi interessi, per fare luce sull'accaduto.
Quando era arrivato l'allarme al 113 domenica sera, i poliziotti erano piombati in viale Kennedy e avevano fatto subito irruzione nell'appartamento da dove era stato visto affacciarsi l'uomo armato. Una rapidità d'intervento che aveva permesso di cristallizzare la scena prima che venisse compromessa, riscontrando una serie di particolari che hanno confermato una serie di sospetti: se gli inquilini hanno avuto il tempo di fare sparire l'arma, invece non hanno fatto in tempo a rimettere in ordine la casa, consentendo agli investigatori di notare un particolare che dice molto.
In una stanza di quell'appartamento, infatti, i poliziotti hanno trovato un mobile spostato e un buco nel muro che aveva tutta l'aria di essere un nascondiglio, uno spazio utile per nascondere una o più pistole, ma anche un fucile a canne mozze, proprio le armi che i detective sospettano possano essere state utilizzate quella sera per sparare. Su quanto accaduto, la ricostruzione si basa sulle testimonianze raccolte tra i cittadini che vivono in quella zona: le tre vetture erano entrate in uno dei parcheggi condominiali lungo viale Kennedy e uno dei passeggeri aveva lanciato una bottiglia contro una finestra al primo piano del civico 30 delle case popolari. A quel punto la reazione era stata immediata, da una finestra di quell'appartamento si era affacciato un uomo, Adriano Sarrubbi di 26 anni secondo la Polizia, che aveva fatto fuoco con l'arma verso le macchine che si allontanavano in fretta. Stando sempre alle testimonianze, dovevano essere due berline e un'utilitaria.
A condire i sospetti sono le circostanze in cui si è consumato l'episodio. Basti pensare che quello da dove sono stati sparati i colpi d'arma da fuoco non è un appartamento qualsiasi, ma è la casa dove abita la famiglia del 58enne Carmine Di Silvio, fratello tra gli altri di Giuseppe Romolo, entrambi detenuti per l'escalation di vendette del 2010. Il figlio di Carmine, il ventiduenne Costantino, è detenuto come il padre, sta scontando la pena per essere stato coinvolto, come mandante, in una serie di rapine. A sopperire l'assenza di un uomo, in quella casa, era proprio Sarrubbi, fidanzato con una Di Silvio, ovvero il giovane che i poliziotti hanno trovato quella sera nell'appartamento al primo piano del civico 30 e per questo viene sospettato di avere premuto il grilletto dalla finestra.