Il lavoro investigativo che ha portato alla riapertura dell'indagine sull'attentato esplosivo costato la vita a Ferdinando Di Silvio "il Bello", ucciso la mattina del 9 luglio 2003 al lido di Latina, è in realtà una costola, ovviamente quella più importante, di un filone piuttosto attuale rispetto ai fatti di diciotto anni fa, che ha permesso agli inquirenti della Direzione Distrettuale Antimafia di sviscerare gli interessi illeciti costruiti alla base di un ambiente criminale molto influente nella mala pontina, uno spazio nel quale si accavallano due generazioni saldamente unite da personaggi trasversali. I pezzi di quello che può apparire come un puzzle, stanno emergendo in queste settimane con la notifica dei primi avvisi di garanzia. Un puzzle costruito anche attraverso le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Renato Pugliese e Agostino Riccardo.
In questo scenario un ruolo di primo piano, secondo gli investigatori della Squadra Mobile che hanno lavorato al fianco della Dda romana, lo assume Alessandro Zof, latinense di 37 anni che ha saputo costruirsi una fama di tutto rispetto scalando in fretta le gerarchie negli ambienti che contano. Tra lui e i protagonisti della mala a cavallo tra gli anni Novanta e i primi del Duemila, sostengono gli investigatori sostenuti dalle dichiarazioni dei pentiti, ci sono una serie di personaggi che hanno vissuto la transizione, compresi esponenti di spicco della criminalità straniera, perfettamente integrati con quella nostrana. Un contesto che, secondo la ricostruzione della Polizia, avrebbe cercato negli ultimi anni di espandersi per occupare gli spazi lasciati dagli arresti, tra i Di Silvio, dell'operazione Alba Pontina.

Nello stralcio dell'inchiesta madre, quello iscritto a carico di Alessandro Zof, trasferito nel frattempo dalla Dda di Roma alla Procura ordinaria di Latina, emerge l'attività di spaccio che il 37enne è riuscito a portare avanti nel periodo in cui era ristretto agli arresti domiciliari, la misura cautelare che ha scontato fino a un paio di anni fa per il duplice tentato omicidio consumato la sera del 6 marzo 2016 sul lungomare di San Felice Circeo, reato per il quale sta sostenendo un nuovo processo d'Appello.

L'indagine era scattata a suo carico subito dopo gli arresti dell'operazione Alba Pontina ed è stata formalmente chiusa nel mese di gennaio, quando il sostituto procuratore Valerio De Luca ha delegato la notifica degli avvisi di garanzia. In un lasso di tempo di alcuni mesi, gli investigatori della Squadra Mobile hanno documentato l'attività di spaccio sia attraverso intercettazioni che su strada, con appostamenti e interrogatori.

La Polizia ha ricostruito una serie di contatti che Zof, nonostante i domiciliari, continuava a intrattenere con altri personaggi noti della mala latinense, alcuni dei quali finiti a loro volta nelle operazioni antidroga che hanno animato le cronache degli ultimi anni, come Simone Lemma, Candido Santucci e Antonio Giovannelli. Le loro visite sono state documentate dalle telecamere che i detective avevano installato davanti casa di Zof, le stesse che hanno permesso di ricostruire l'attività di spaccio al dettaglio, poi accertata controllando alcuni degli acquirenti, di volta in volta sorpresi con dosi di cocaina come hascisc. Non solo uomini, ma anche donne, con alcuni di loro che, alle domande degli investigatori, hanno confermato di essersi rivolti più o meno abitualmente a Zof per l'acquisto di droga.
L'attività di spaccio e le violazioni alle restrizioni imposte dagli arresti domiciliari sono i reati ipotizzati per il 37enne, che rischia ora un nuovo rinvio a giudizio.