Un «no» deciso, senza se e senza ma che segue, peraltro, l'altro rifiuto, quello giunto a seguito di una offerta del tutto simile che Sergio Gangemi, per tramite dei suoi legali, aveva fatto alla città di Pomezia ancora prima dell'avvio del processo a suo carico. Processo che, dopo lo stralcio della sua posizione - era rinviato a giudizio con altri tre soggetti tra cui il fratello - si era tenuto con un rito del tutto simile a quello abbreviato e che ha portato ad una condanna a 9 anni di reclusione. Ora, a una settimana dall'avvio del processo di Appello, l'imputato avrebbe proposto un risarcimento per le due amministrazioni comunali di Aprilia e Pomezia che avevano chiesto e ottenuto l'ammissione come parti civili. Aprilia, per tramite del suo sindaco Terra, l'altro giorno ha diramato una nota in cui rispediva al mittente tale offerta - peraltro anche a fronte dell'esclusione, in sentenza, di un risarcimento danni - e l'amministrazione di Pomezia ieri ha fatto lo stesso ribadendo che un eventuale ristoro per il danno di immagine alla comunità lo dovrà eventualmente stabilire la Corte.
Gangemi è accusato di aver commissionato una serie di attentati intimidatori ai danni di due imprenditori, uno di Aprilia e l'altro di Torvajanica. Un modo per costringere le due vittime a consegnare oltre venti milioni di euro. Per l'accusa sarebbe stata una vera e propria estorsione (all'inizio si ipotizzava anche l'usura) a fronte di un prestito che i due imprenditori avevano chiesto per salvare la propria azienda. Debito che sarebbe poi lievitato dagli iniziali e supposti 18 milioni. L'imputato invece ha sempre sostenuto di aver preteso certamente quanto era suo, ma senza le modalità che gli venivano contestate. Quali modalità? Si va dalle minacce, dalle intimidazioni e dalle richieste di pagamenti fatti durante incontri a cui avrebbe partecipqato anche un noto boss dell ‘ndrangheta, all'aver fatto recapitare bossoli davanti all'abitazione di uno dei due imprenditori. Poi il livello si sarebbe alzato: colpi di pistola contro la porta di casa, una granata fatta esplodere in giardino, fino all'esplosione proprio a Torvaianica, di oltre venti colpi di fucile d'assalto. E proprio da questo ultimo episodio che le due famiglie non avevano potuto nascondere (tutti gli altri invece non erano mai stati denunciati) sono partite le indagini. Indagini difficili con uno dei due imprenditori fuggiti all'estero e la ritrosia e la reticenza delle due famiglie. E' più che probabile che l'offerta fatta anche prima della condanna di primo grado, puntasse a ottenere una mitigazione della pena. Ma anche in questo caso le due amministrazioni hanno deciso di rispedirla al mittente.