Formia ieri mattina, una vecchia signora che indossa il lutto. La vita sembra proseguire normalmente da quando quel martedì grasso Romeo Bondanese ha lasciato per sempre la sua città, ma tutto è inesorabilmente cambiato. Nelle palestre delle scuole, il rumore sordo di un pallone rimbalza tra gli abbracci dei ragazzi che ancora non si capacitano della morte di Romeo. Gli adulti, in cerchio e distanziati, parlano dei motivi che hanno portato alla rovina delle nuove generazioni. Una comunità quella formiana, impaurita e distrutta. Qualsiasi rumore, anche la frenata improvvisa e rumorosa di un'auto, fa sussultare i passanti, suggerendo uno stato d'animo di continua tensione emotiva. Non essendoci ancora una tomba fisica del giovane 17enne, i cittadini di Formia, amici e parenti, trovano una consolazione di foscoliana memoria nel deporre fiori nel luogo in cui è stato ucciso.

Tra coloro che sono presenti nella piccola piazzola panoramica al centro della città, ai piedi della panchina cosparsa di piccoli omaggi, c'è anche lo zio della vittima, l'avvocato Salvatore Orsino, che con le lacrime agli occhi, ricorda il legame e l'amore quasi filiale con il nipote Romeo: «La nostra famiglia è distrutta, niente sarà più come prima dopo la morte del nostro piccolo angelo. Si è parlato di rissa per futili motivi, ma non vogliamo assolutamente sentir parlare di rissa. Non c'è mai stata una colluttazione o uno scontro tra bande. È stata un'aggressione. Una mera aggressione in cui mio nipote, un ragazzo che amava la famiglia, un ragazzo che lavorava nella darsena d'estate a pulire le barche, un ragazzo di sani principi e valori, quel ragazzo ha perso la vita. Aveva dei sogni come tutti i ragazzi della sua età. Aveva delle pagine bianche da riempire con le mille esperienze che la vita gli avrebbe dato, ma che ormai resteranno tali. Resteranno bianche». «Parlare di risse, di regolamento di conti, di droga, infangano solo il ricordo di questo ragazzo e quello della nostra famiglia – ha continuato lo zio – per questi motivi la nostra famiglia, i suoi genitori non chiedono vendetta, ma la verità, quella si. Chiediamo apertamente che sia fatta giustizia, ponendo tutta la nostra fiducia nelle istituzioni».