Non risparmia i particolari, il collaboratore di giustizia Renato Pugliese, quando c'è da condire la ricostruzione di quello che sa sull'omicidio di Massimiliano Moro, un uomo al quale era molto legato, essendo stato colui che lo aveva avviato alla vita criminale dall'alto della sua esperienza. Ciò che rivela, dice di averlo saputo dal cugino Giuseppe Pasquale Di Silvio, che aveva vissuto in prima persona l'escalation di vendette del 2010, quando la sua famiglia era alleata dei Ciarelli. Ma il pentito riferisce anche di un episodio che ha vissuto successivamente quando era detenuto, vale a dire l'incontro con Simone Grenga, ovvero colui che ritiene essere l'assassino di Moro.

«...Vengo a sapere queste cose e con Grenga mi ci ritrovo a Viterbo - ha dichiarato Renato Pugliese in uno degli interrogatori sostenuti durante la sua collaborazione con la giustizia - però lui si trova al reparto D1 "Giudicabili", io mi trovo al "Penale", lui riesce a fare lo spesino, che succede? Lo spesino, capo spesino della Sezione, può andare anche in altre Sezioni, in realtà io già sapevo che lui c'era, quindi mandavo saluti falsi perché io ovviamente non è che faccio capire che Pasquale mi ha detto che lui... Un giorno mi trovo Grenga sul mio piano, al quarto D, a Viterbo, lui mi fa "amico mio", io lo abbraccio e gli dico queste... proprio queste parole... gli dico "che fai, qui mi abbracci e fuori mi ammazzi?". Lui mi dice "no, a te non lo farei mai", perché io sono cresciuto proprio con Simone Grenga, la mamma lavorava all'ex Regina Sud, a fare le pulizie, quindi da una vita... io lo conosco da una vita. Conosco il personaggio. Non lo conosco quanto è cambiato che si è sposato la figlia di Luigi, a Veronica... Basta, si limita a dire quello "a te non lo farei mai"... perché io... sai, questa mia parola proviene da dove? E se io non stavo in galera e stavo a casa di Moro, ero morto anche io...».