«Già in passato ero stato chiamato in causa per questa vicenda ed ero stato scagionato, sono estraneo».
E' quello che ha detto Andrea Pradissitto ieri mattina quando ha rilasciato spontanee dichiarazioni in videoconferenza al gip Francesco Patrone che ha emesso l'ordinanza di custodia cautelare per l'omicidio di Massimiliano Moro. Prima di avvalersi della facoltà di non rispondere, Pradissitto, difeso dagli avvocati Gaetano Marino e Gianmarco Conca, ha voluto parlare negando gli addebiti. Ha scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere anche Simone Grenga, difeso dall'avvocato Luigi Marrandino ed è rimasto in silenzio di fronte alle contestazioni del magistrato. Il riferimento di Pradissitto è all'indagine che si era inserita nel contesto investigativo della «Guerra criminale» scattata la sera del 25 gennaio del 2010. Il fascicolo era stato aperto dal pm Marco Giancristofaro e l'indagine per omicidio era stata archiviata cinque anni dopo: nel febbraio del 2015.

Come ha scritto il gip nel provvedimento restrittivo eseguito nei giorni scorsi, le indagini all'epoca effettuate e poi archiviate sono state riaperte per la recente acquisizione delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Renato Pugliese e Agostino Riccardo. «Hanno consentito di acquisire gli elementi che all'epoca mancavano al fine di una compiuta ricostruzione del delitto che già da allora traspariva sotto un profilo logico, risultando carente - ha ribadito il gip - sotto un profilo spiccatamente processuale». Nel provvedimento restrittivo la conclusione a cui è arrivata la Squadra Mobile è quella che è stata condivisa dalla Dda e dal gip. «L'omicidio aveva la palese finalità, da parte del sodalizio Ciarelli-Di Silvio, di riaffermare in contrapposizione al gruppo non Rom il proprio potere sui traffici illeciti nel contesto locale pontino, mediante una risposta immediata e violenta ad un grave atto di intimidazione nell'ambito di una strategia fondata sul pieno controllo del territorio con le tipiche modalità dell'associazione mafiosa».