Un apporto determinante, nella nuova indagine sull'omicidio di Massimiliano Moro, lo ha fornito il collaboratore di giustizia Renato Pugliese e non solo perché era uno dei giovani più fidati della sua banda, uno dei suoi "eredi criminali", visto che tra l'altro il pentito all'epoca era detenuto, ma anche e soprattutto perché l'ex delfino di Moro aveva avuto modo di parlare con persone legate alle famiglie Di Silvio e Ciarelli che in quel periodo, avevano fatto valere la loro alleanza per consumare una serie di vendette. Dichiarazioni considerate attendibili, quelle di Pugliese, perché riscontrabili con particolari investigativi che finora non erano mai emersi in maniera chiara.


Renato Pugliese ha 34 anni e da ragazzo ha passato l'infanzia con Giuseppe Pasquale Di Silvio, un anno più giovane di lui, figlio di Armando detto Lallà, recentemente finito in carcere per associazione mafiosa. All'epoca proprio "Pasqualino" era considerato uno dei giovani, della famiglia di Campo Boario, più esposti nella guerra alle fazioni opposte e in ogni caso era molto addentrato nelle dinamiche criminali di quella stagione di sangue e per quei fatti è tuttora detenuto.

È proprio Renato Pugliese a rivelare una ricostruzione di quel 25 gennaio 2010 aderente alla ricostruzione della Polizia, ovvero la circostanza che quel pomeriggio Moro si era recato in ospedale per fare visita a Carmine Ciarelli, pensando di non essere sospettato dai familiari della vittima come uno dei potenziali mandanti. Ciò che il pentito rivela, ossia che i Ciarelli chiesero aiuto a Moro per vendicare il tentato omicidio della mattina e gli diedero appuntamento per le ore successive, trova riscontro anche con quanto dichiarato da Gianfranco Fiori, che all'epoca non era ancora stato sospettato di avere sparato a Carmine e sosteneva di avere incontrato Moro poche ore prima della sua morte: l'amico gli avrebbe detto di essere stato abbracciato da Antonio Ciarelli, padre di Carmine, che gli avrebbe chiesto di aiutarlo a vendicarsi. La finzione, a quanto pare, era reciproca.