Doveva essere uno strumento utile per rilanciare l'immagine di un gruppo criminale pronto a risollevarsi dalle ceneri, invece ha finito per tradire la propria missione il videoclip che inneggia alle imprese feroci dei Travali, trasformandosi in un boomerang che ha appesantito le accuse della nuova inchiesta. All'esito della discussione dei primi ricorsi presentati al Tribunale del Riesame dagli indagati dell'operazione Reset, emerge un particolare che spinge a rivedere le valutazioni sulla canzone rap tanto discussa, mettendo in luce la portata dei messaggi trasversali e di come abbiano finito per tradire la missione originale.

Al momento di discutere la richiesta di riesame delle misure restrittive, la difesa degli indagati ha eccepito che nel lasso di tempo intercorso tra l'esecuzione delle 19 ordinanze di custodia cautelare a carico dei fratelli Travali e dei loro associati, e la pubblicazione del video su Youtube, Angelo "Palletta" e Salvatore "Bula" non sono stati autorizzati a incontrare i familiari, quindi non potrebbero essere considerati i mandanti della pubblicazione. Del resto è impensabile che potessero caldeggiare l'uscita di un video simile in un momento così delicato, con un ricorso in atto, presentato nel tentativo di ridimensionare le accuse rivolte a loro carico, questa volta appesantite dall'aggravante del metodo mafioso su estorsioni e traffico di droga. Insomma, non era il momento giusto per rilanciare l'immagine di un gruppo criminale, ma ciò non toglie che il videoclip fosse stato confezionato con un intento ben preciso: semplicemente la questione va osservata da un altro punto di vista.

Innanzitutto potrebbe essere messa in dubbio l'ipotesi che i Travali detenuti fossero intenzionati a rispondere con quel video all'ultima inchiesta. Se fosse vero che hanno dato il loro benestare per la registrazione di una clip simile, magari pensavano di sfruttarla in un contesto radicalmente diverso: i fratelli Angelo e Salvatore stanno scontando le condanne per l'inchiesta Don't touch che aveva portato ai loro arresti nell'ottobre del 2015 e probabilmente iniziavano a intravedere la fine della loro detenzione, magari con la speranza di ottenere i domiciliari o la libertà vigilata prima di finire di scontare la pena. Insomma, un video come quello comparso sul web domenica, doveva preparare la città al loro ritorno, segnando oltretutto il debutto delle nuove leve che avrebbero potuto accelerare il processo di reinserimento dei Travali nel contesto criminale.

L'errore più grande, per loro, è stato sottovalutare il potenziale rappresentato dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia: forse i Travali non si aspettavano una nuova inchiesta a loro carico per una stagione criminale già scandagliata dai magistrati. Fatto sta che i loro familiari, all'esterno del carcere, hanno sottovalutato il peso di un videoclip come quello e hanno pensato bene di utilizzarlo dopo i recenti arresti, spinti probabilmente dalle ambizioni dei giovani che lo avevano preparato. Il resto è storia.