I fratelli Travali prendono le distanze dal videoclip della canzone rap pubblicata sul web da un gruppo di giovani del lotto 47, tra i quali un loro nipote, che inneggia alla criminalità ispirandosi alle gesta del sodalizio da loro gestito fino all'autunno del 2015. Ad uscire allo scoperto è Salvatore detto Bula, fratello minore di Angelo detto Palletta, che a nome di entrambi si dissocia dalla "regia" della clip, pure senza condannare il gesto di chi il filmato lo ha confezionato: ha affidato il suo pensiero a una lettera che dal carcere di Cassino, dov'è attualmente recluso, ha spedito alla nostra redazione. Una missiva del genere, di certo, non dissolve in un solo colpo i sospetti sulla portata di un messaggio tanto forte, ma aiuta a comprendere il clima che si respira negli ambienti della mala pontina: se i capi, da dietro le sbarre, cercano di respingere in ogni modo l'aggravante del metodo mafioso, fuori le nuove leve scalpitano e fanno di tutto pur di collocarsi con un ruolo di primo piano tra i gruppi emergenti, anche a discapito di chi è detenuto. Insomma, i giovani sembrano sfuggiti al controllo dei grandi, proprio come questi si erano svincolati dal controllo di Costantino "Cha Cha" Di Silvio, che invano li invitava a mantenere un basso profilo quando spadroneggiavano in città tra estorsioni e rappresaglie a colpi di pistola.

«Egregio direttore, le scrivo per fare presente che sia io che mio fratello Angelo ci dissociamo per il fattore riguardante il video che sta facendo notizia sui social network e che ne sta parlando la stampa». Esordisce così il manoscritto firmato da Salvatore Travali: l'italiano stentato e la stravaganza dei concetti rappresentano una garanzia di autenticità. Bula ci tiene a precisare un concetto: «Noi non eravamo al corrente in quanto sono 18 giorni che ci troviamo isolati dal mondo intero. Ma specifico che nessun messaggio è stato voluto far capire ai cittadini, noi siamo bravi ragazzi». Certo, con quest'ultimo passaggio appare meno credibile, dopo tutto l'inchiesta che ha portato al loro primo arresto e la recente operazione Reset dimostrano che proprio bravi non sono stati, ma con questo messaggio vuole fare capire che nel lasso di tempo trascorso tra la notifica dell'ordinanza di custodia cautelare e la condivisione del video rap, sia lui che il fratello non hanno avuto contatti con l'esterno: in questo periodo non sono mai stati autorizzati neppure a incontrare i familiari in carcere.
Se è vero che ci si può aspettare di tutto da persone del loro calibro, persino la forza di fare arrivare un telefono dietro le sbarre per comunicare con i cari e con i sodali, ma è chiaro che non potevano trarre vantaggi dalla pubblicazione di un filmato simile in un momento delicato come questo, con i loro ricorsi pendenti al Tribunale del Riesame: la portata dei messaggi nascosti dietro quei versi rap, ha finito per sostenere la pubblica accusa nella contestazione dell'aggravante del metodo mafioso. E infatti l'informativa della Squadra Mobile sulla condivisione di quel filmato, è finito agli atti per supportare la fondatezza delle esigenze cautelari.

Insomma, i dubbi sull'ispirazione morale del video restano visto che tra le comparse spiccano i volti di una loro sorella, Valentina Travali tuttora ai domiciliari, e del cognato, fermo restando che Angelo e Salvatore non potevano approvare un gesto simile in un momento per loro sfavorevole come quello attuale: per allontanare da loro qualsiasi sospetto, avrebbero dovuto condannare in toto l'iniziativa dei giovani del lotto 47. E invece Salvatore Travali cerca inutilmente di stemperare i toni, minimizzando l'accaduto: «Comunque fiducioso nella magistratura che sta visionando il video in questione trattandosi di una bravata senza nessun resoconto. L'azione è stata sbagliata, ma non è il primo caso o l'ultimo che girano video trap parlando di soldi, pistole ecc. L'importante è che nel video non ci sono state armi... Poi perché il video è stato girato per il cognome Travali ci si sono fermati per alzare una bufera».

Quel video non può essere considerato soltanto una bravata, è il sintomo di un fenomeno che si tramanda da una generazione all'altra.