Era stato assolto in Corte d'Appello e la condanna del processo di primo grado era stata ribaltata. Alla luce di questa sentenza la difesa aveva impugnato tutto, chiedendo il risarcimento per ingiusta detenzione nei confronti del proprio assistito che era stato arrestato ed era stato in carcere e agli arresti domiciliari per tre anni e quasi 800 giorni. Erano stati i giudici della Corte d'Appello a rigettare la richiesta della riparazione di Jeguirim Ahmed, residente a Latina, sottoposto ad una custodia cautelare in carcere dal 19 ottobre del 2013 al 13 gennaio del 2015. Nei confronti dell'uomo era stata contestata la rapina aggravata per dei fatti avvenuti il 12 marzo del 2012 a Pontinia da cui era stato assolto per non aver commesso il fatto. Alla luce di questa nuova prospettazone il difensore dell'uomo, l'avvocato Moreno Gullì aveva presentato il ricorso alla Corte d'Appello per l'ingiusta detenzione che era stato respinto.
La difesa però non si è fermata ed è andata avanti fino in Corte di Cassazione e il ricorso è stato discusso lo scorso gennaio. I giudici della Suprema Corte alla fine hanno accolto il ricorso della difesa e hanno disposto il rinvio ad una nuova sezione della Corte d'Appello che dovrà decidere in merito alla richiesta dell'uomo.
I giudici hanno sottolineato che: «Non vi è alcun dubbio che la facoltà da parte dell'indagato di non rispondere in sede di interrogatorio costituisca un concreto esercizio di diritto riconosciuto dalla Costituzione ed è una circostanza del tutto neutra - hanno aggiunto - al fine della sua riconducibilità al dolo o alla colpa grave al fine in esame. E' necessario inoltre che il giudice della riparazione accerti in primo luogo quali siano gli elementi taciuti o falsamente rappresentati». L'episodio contestato era avvenuto sulla Migliara 47 e la vittima della rapina era stata una donna che stava versando dei soldi alla cassa continua di una banca. Nei giorni scorsi Jeguirim Ahmed era stato arrestato per una rapina ai danni di un barbiere di via Ennio a Latina insieme ad un complice, in un secondo momento il giudice aveva revocato il provvedimento cautelare e l'uomo era tornato in libertà.