Sono iniziati gli interrogatori davanti ai carabinieri del Nas di alcuni dei sei medici in servizio al Santa Maria Goretti di Latina, indagati a piede libero dalla Procura con l'accusa di omicidio colposo per il decesso di una paziente nel gennaio del 2019. La morte è avvenuta in circostanze che per i familiari sono tutte da chiarire. Nelle scorse settimane il pubblico ministero Marco Giancristofaro, titolare del fascicolo, ha chiuso l'inchiesta notificando alle parti l'avviso di conclusione indagini e contestando - nei confronti dei camici bianchi - la colpa medica alla luce di quello che è emerso in fase di indagini preliminari e sulla scorta anche dell'esame medico legale a cui la donna era stata sottoposta.
Alcuni indagati hanno presentato memorie difensive, mentre altri hanno deciso di farsi interrogare e sono comparsi davanti agli investigatori nel tentativo di sconfessare punto per punto l'impianto accusatorio. Hanno sostenuto di aver seguito l'iter previsto in questi casi e di aver condotto mirati accertamenti come prevede la prassi. I professionisti hanno respinto le accuse contenute nel capo di imputazione, osservando che vi è un errore nella causa della morte e che la paziente aveva un quadro clinico complesso: era dializzata e soffriva di problemi di natura cardiaca. Sono queste tutte circostanze che hanno avuto un peso drammatico alla fine nel decesso della donna e che i medici hanno messo in rilievo in netta contrapposizione alle risultanze investigative che erano emerse in un primo momento.
La paziente, F.L., queste le sue iniziali, era spirata al Santa Maria Goretti di Latina e subito dopo la denuncia presentata dai parenti, la Procura aveva aperto un procedimento esercitando l'azione penale. I medici indagati hanno un'età compresa tra i 45 e i 61 anni e sono residenti a Latina, Terracina, Sabaudia e Roma. Sono finiti sotto inchiesta perchè hanno avuto in cura la donna dializzata cronica ricoverata in uno stato soporoso e anche con una infezione. Nel capo di imputazione la Procura ha sostenuto che: «per imprudenza, negligenza e imperizia, oltre a inosservanza delle regole dell'arte medica - ha evidenziato il magistrato inquirente - hanno omesso di eseguire tempestivamente degli accertamenti accurati diagnostici, segnatamente ad un esame Tac dell'addome e in un secondo momento non hanno sottoposto la paziente ad un corretto trattamento chirurgico, provocando con questa condotta la morte a seguito di una acuta insufficienza cardiorespiratoria».
Nel corso degli interrogatori tre medici hanno respinto con forza le accuse, puntualizzando che non vi sono responsabilità professionali per il decesso della donna le cui condizioni di salute erano estremamente delicate. A breve, alla luce di questi nuovi elementi che sono venuti fuori nelle ultime settimane sul fronte difensivo, la Procura deciderà se chiedere per tutti il rinvio a giudizio oppure potrebbe anche optare per archiviare la posizione di qualche medico. La parola al magistrato, in un secondo momento in caso di richiesta di rinvio a giudizio sarà fissata la data dell'udienza preliminare che si svolgerà in Tribunale davanti al gup e alla fine il magistrato dovrà decidere in quel caso se disporre il processo oppure prosciogliere.